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Role tra Leo Baskerville e Oz Vessalius

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    Quando Leo si strinse di più a lui, Oz non poté che fare altrettanto, continuando nel frattempo a tastare con movimenti delicati il membro dell'altro. Aveva notato benissimo il tentativo del moro di reprimere un gemito nel momento in cui aveva preso a stuzzicarlo, e perciò le sue labbra si aprirono istintivamente in un sorriso, carico di una certa punta di malizia. Dovette ammettere che era abbastanza soddisfacente.
    Gli alzò di poco il viso, quanto bastava per poterlo vedere completamente; aveva le guance arrossate - ma Oz era sicuro di averle anche lui - e ciò gli trasmetteva una sensazione di immane tenerezza, nonostante fosse un po' inappropriata, data la situazione che ne andava ben oltre. Approfittò del momento per specchiarsi qualche attimo ancora nelle iridi viola dell'altro, sussurrandogli per l'ennesima volta quanto lo amasse. Continuò con le spinte e, tra un gemito e l'altro, ormai stava arrivando al limite; velocizzò quindi ancora un po' i movimenti, per poi prendere a baciare Leo con foga, affondando nel frattempo una mano fra i capelli scuri. Intrecciava la sua lingua con quello dell'altro, e usò il bacio anche come espediente per reprimere parte di quei gemiti acuti che non poteva più fare a meno di emettere. Nonostante le numerose volte che le loro labbra si erano unite, Oz constatò, con piacere, che baciare il moro si rivelava ogni volta una sensazione magnifica. Lo attirò ancora di più a sé, stringendolo quanto più gli fosse possibile, fino a quando non furono entrambi costretti a separarsi. Le spinte, ormai del tutto automatiche, avevano aumentato ancora il ritmo, e Oz non riuscì più a resistere. Gemendo più forte di quanto avesse fatto finora, si svuotò completamente nel corpo del moro.
     
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    Come ogni volta che lo guardava, Leo rimase abbagliato della perfezione che Oz, senza nemmeno rendersene conto, incarnava.
    Quegli occhi incredibilmente verdi, poi, per quanto potessero essere tinti di un colore considerato “banale”, Leo non aveva mai visto un verde così luminoso e stupefacente; erano le iridi di un Dio dall’infinita bellezza che gli apparteneva e al quale apparteneva.
    Quando Oz gli mormorò ancora che lo amava, si rimangiò il precedente parere sul fatto che le parole fossero sopravvalutate: quelle poche parole erano in grado di fargli provare una felicità immensa. Avrebbe tanto voluto rispondere, dire che senza di lui la sua vita era vuota, ma ormai era arrivato al punto in cui il solo pensare di poter spiccicare parola era ridicolo, ormai la sua bocca aveva perso la facoltà di fare qualsiasi cosa non fosse il gemere ed il baciare il biondo, quindi decise di provare a dimostrare la sua “risposta” attraverso il bacio mozzafiato in cui lo coinvolse Oz.
    Gli accarezzò delicatamente una guancia, mentre le loro lingue si abbracciavano quasi come se volessero fondersi.
    “Oh mio Dio” pensò sconnessamente, in preda ad un piacere indescrivibile. Non aveva mai provato niente del genere e capì che era la differenza tra dei rapporti occasionali avuti con Elliot senza nessun fine e l’amore, capace di rendere speciale ogni cosa, di farla risplendere fino ad elevarla ad un livello superiore.
    Sentì Oz svuotarsi in lui e non riuscì più a trattenersi, raggiunse il limite inarcando la schiena e gemendo forte. Si strinse al ragazzo così tanto che ebbe paura di fargli male.
     
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    "erano le iridi di un Dio dall'infinita bellezza che gli apparteneva e al quale apparteneva." Guarda che poi Oz si monta la testa! X°°D


    Quando Leo si aggrappò e inarcò la schiena, Oz capì che anche lui aveva raggiunto il limite, e istintivamente lo avvicinò a sé di rimando, non appena lo sentì stringersi con forza a lui. Amava il calore e la sensazione di sentire la pelle del moro a contatto con la sua - e probabilmente non ne avrebbe fatto più a meno, adesso che sapeva quanto fosse fantastica e piacevole. Uscì da lui, sempre con tutta la delicatezza di cui fosse capace, sdraiandoglisi poi accanto. Il petto si alzava e abbassava velocemente, mentre cercava di stabilizzare il respiro, ancora decisamente irregolare; non avrebbe mai immaginato che anche l'aria potesse risultare bollente in situazioni come quella. Socchiuse gli occhi per un attimo, ancora leggermente annebbiati dal piacere, abbandonandosi sul materasso morbido, per poi sistemarsi meglio su un fianco e puntare le iridi verdi su quelle viola di Leo. Non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso carico di tutto quello che provava in quel momento. Amore, affetto, felicità, tenerezza, e ancora amore.
    Sentiva il cuore continuare a martellargli il petto, nonostante avesse già fatto tornare almeno il respiro normale; a quanto pareva non ne voleva proprio sapere di riprendere a battere regolarmente. Alzò una mano, indirizzandola sul viso di Leo, e gli accarezzò dolcemente la guancia. Continuava sempre a sorridergli, perché non si era mai sentito tanto felice in vita sua. Gli si avvicinò di più, appoggiando la testa sulla sua spalla.
    «Forse ti potrò sembrare davvero molto monotono» disse, ridacchiando leggermente «Ma ti amo, sai?»
     
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    Gli sorrise dolcemente pensando che se quel momento idilliaco che stavano vivendo in realtà fosse stato solo un sogno,avrebbe voluto non svegliarsi; era tutto così dannatamente perfetto nonostante i guai che circondavano entrambi, ma quelli erano stati relegati fuori dalla stanza della locanda, in quel loro momento di pace non avevano motivo di esistere.
    Si lasciò accarezzare il viso emettendo un versetto che sembrava le fusa di un gatto e, come tale si strusciò appena contro il palmo del ragazzo per poi baciargli affettuosamente la mano.
    Solo quando Oz poggiò la testa sulla sua spalla sana si ricordò quanto gli facesse male l’altra, ma cercò di reprimere una smorfia di dolore per non farlo preoccupare; dopotutto un po’ di male alla spalla era il meno delle loro preoccupazioni attuali… anzi al momento le loro preoccupazioni attuali dovevano essere il nulla. C’erano solo loro e nulla doveva turbare quella momentanea quiete.
    «Non mi stancherò mai di sentirtelo dire» disse in risposta, poggiando una mano sul petto di Oz, all’altezza del cuore e chiudendo per qualche secondo gli occhi, assaporando il suono del cuore della persona che amava che batteva.
    «Ti amo anche io» aggiunse poi sempre ad occhi chiusi per poi accoccolarsi meglio al petto del ragazzo, «grazie di esistere» aggiunse infine.
     
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    Sentire la mano di Leo all'altezza del cuore fece, per un attimo, sussultare leggermente Oz. Aveva paura che stesse per dire qualcos altro sul sigillo nero che gli marchiava il petto - non avrebbe sopportato di trovare ancora nelle sue iridi viola quella velata tristezza data dalla consapevolezza di non poter far niente, almeno per il momento - ma il vederlo calmo e per niente allarmato lo fece tranquillizzare - un po' emozionare, a dirla tutta, visto che stava ascoltando il battito del suo cuore irregolarmente veloce; arricciò quindi d'istinto le labbra in un sorriso, nonostante l'altro, ad occhi chiusi, non potesse vederlo. Quando il moro gli si accoccolò al petto, fece anche lui la stessa cosa, avvicinandosi di più, abbracciandolo e assaporando il tepore del corpo di Leo; era così piacevole e rilassante, che non poté fare a meno di chiudere anche lui gli occhi e lasciarsi trasportare dalle sensazioni.

    Non seppe dire con esattezza se si fosse addormentato per un po' o fosse semplicemente entrato in dormiveglia - né tanto meno quanto tempo fosse passato - ma dopo quella che gli era sembrata solo una manciata di minuti, aprì gli occhi con un sussulto.
    Un tonfo, proveniente dal piano di sotto, e a giudicare dallo strano trambusto che veniva da fuori non era stato lui ad immaginarselo. Cercò di alzarsi dal letto senza svegliare Leo - o almeno gli sembrava che stesse dormendo - e soprattutto senza fargli male. A ben vedere dalle fasciature la ferita aveva smesso di sanguinare copiosamente e questo era davvero un bene, quindi cercò di fare il più delicatamente possibile. Una volta in piedi, si infilò velocemente almeno la camicia e la biancheria e si diresse alla porta. Si sentiva stranamente allarmato e sperava con tutto il cuore che quella brutta sensazione fosse solo stanchezza o cose così.
    Accostò l'orecchio al freddo legno scuro, tentando di distinguere un po' di suoni. C'era un grande vocio e scalpitio al piano inferiore - la voce urlante che sovrastava tutte le altre era sicuramente quella della oste - mentre altri rumori che non riusciva a riconoscere facevano da sottofondo. Tutto ciò non portava nulla di buono.
    Si spinse via dalla porta, facendo leva sul braccio, per avvicinarsi veloce alla finestra. Parte del baccano veniva proprio dall'esterno e in quel modo sarebbe stato più facile capire cosa stesse succedendo. Scostò di poco la tenda, senza farsi vedere, lasciando cadere lo sguardo sulla stradina lì di fronte - ancora bagnata per via del precedente acquazzone - e vide correre e parlare animatamente diverse persone con una divisa bianca e nera che conosceva fin troppo bene. Sentì lo stomaco contrarsi in una fitta di dolore.
    Gli uomini di Pandora!?
    Un'ondata di panico lo lasciò pietrificato per qualche attimo davanti al vetro ancora puntellato d'acqua, prima che afferrasse la stoffa e tirasse le tende, come se quel gesto potesse in qualche modo tagliare tutto il resto fuori e non vi fosse più pericolo.
    Rimase qualche attimo a maledirsi per non aver pensato che, in fin dei conti, Leo aveva ragione a preoccuparsi della possibilità di essere trovati da Pandora; e adesso che erano davvero lì, che cosa doveva fare? Il moro non era di certo nelle migliori condizioni per mettersi a fuggire, né tanto meno a correre o cose del genere, e nemmeno lui era messo eccessivamente bene, ma non aveva comunque intenzione di permettere proprio a nessuno di portare via il Baskerville.
    Iniziò a guardarsi intorno con fare nervoso. Doveva trovare una soluzione, e alla svelta.
     
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    Accoccolato contro Oz, completamente avvolto nel suo calore, non era riuscito ad evitare di assopirsi.
    Non sognò, o meglio, se sognò fu solo un’immensa distesa di nero profondo, senza fine, un qualcosa talmente privo di sensi che non poteva essere definito davvero “sogno”, però era pur sempre qualcosa che occupava la sua mente ed il suo tempo.
    Tempo… perché quella parola gli risuonava pericolosamente nella coscienza?
    Tempo!
    Non aveva tempo!
    Aveva gli uomini di Pandora sulle sue tracce, non poteva perdere tempo a dormire, dannazione!
    Si svegliò di scatto, trovando Oz vestito a metà accanto alla finestra che si guardava nervosamente attorno, decisamente un pessimo presagio.
    «Sono qua sotto, vero?» chiese.
    Non aspettò una risposta e si alzò dal letto, iniziando a vestirsi, decidendo di ignorare completamente il male alla spalla: non aveva assolutamente tempo per quello, non era una cosa minimamente contemplabile.
    Pensò a cosa fare: non poteva nemmeno evocare Jabberwock e scappare volando, nelle condizioni in cui era l’evocazione non sarebbe durata più di pochi secondi e avrebbero rischiato di precipitare… quindi, come fare?
    Erano in una situazione che si sarebbe potuta definire “di merda”. Si avvicinò alla finestra e scostò le tende quel poco che bastava per vedere una mezza dozzina di uomini con la divisa di Pandora. Sospirò, non aveva altra scelta…
    «Aspettiamo che entrino nella locanda, poi evocherò Jabberwock il tempo necessario a farci uscire dalla finestra senza sfracellarci al suolo e poi potremmo cercare un nascondiglio nelle vicinanze: loro sicuramente si aspetteranno una vera e propria fuga il più lontano possibile, non ci cercheranno nelle immediate vicinanze della locanda» disse a bassa voce.
     
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    Immerso com'era nei suoi pensieri non si era minimamente accorto del fatto che Leo si fosse svegliato e di conseguenza trasalì nel sentire all'improvviso la sua voce. Si voltò di scatto; per poco non gli venne seriamente un colpo, di quanto fu preso di sorpresa e avesse già di suo i nervi a fior di pelle. Sospirò malamente, facendo scivolare via lo spavento ed elaborando la domanda. Era retorica, perchè tanto lo sapeva anche lui che gli uomini di Pandora erano proprio alle porte della locanda.
    Oz non ebbe comunque il tempo di formulare una possibile risposta che già il moro era in piedi a rimettersi i vestiti. Avrebbe voluto seriamente riportarlo a letto, perchè - Porca miseria! - Pandora o meno, era quasi morto dissanguato e la ferita al braccio era tutt'altro che guarita.
    « Leo! » provò a richiamarlo, con tono quasi di rimprovero, ma in un attimo l'altro era già bello che vestito e l'unica cosa che era rimasta al Vessalius da fare era quella di seguirlo con lo sguardo mentre si avvicinava alla finestra, accanto a lui. Il moro diede un'occhiata fuori, constatando da sé che sì, gli uomini di Pandora erano lì e stavano scorrazzando per la viuzza proprio lì sotto, ed espose al biondo il suo piano. Oz per un attimo non credette alle sue orecchie. Voleva davvero utilizzare il suo Chain? Ma era impazzito o cosa!?
    Sembrava proprio che con l'arrivo dei contraenti di Pandora il Baskerville si sentisse autorizzato a fottersene altamente delle sue condizioni fisiche; peccato che Oz non era per niente di quell'idea.
    « Leo, dannazione! » lo ammonì concitatamente di nuovo, afferrandolo per il braccio non ferito stavolta, quasi come ad attirare di più la sua attenzione « Non sei ancora nelle condizioni nemmeno di alzarti! » continuò con la paura e la preoccupazione per il moro che guidavano le sue parole « Come diavolo pensi di-- » Si interruppe poi, mordendosi la lingua e abbassando lo sguardo, mentre la rabbia del momento scemava pian piano via « ...di usare così presto il potere di Jabberwock...? »
    Capiva lui stesso che non potevano permettersi di rimanere lì - Oz non era così stupido - però non voleva che Leo si affaticasse troppo. Anche se la ferita aveva smesso di sanguinare, era lo stesso preoccupato, fottutamente preoccupato per la sua salute, e non poteva farci proprio nulla.
    Non c'è proprio altro modo per uscire da questa situazione?
    Lasciò che la mano scivolasse via, allentando progressivamente la presa sulla stoffa, e l'aria fuoriuscisse dai suoi polmoni in un sospiro.
     
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    Ignorò tranquillamente il tono di rimprovero di Oz, ma quando il ragazzo lo afferrò per il braccio sano, si voltò di scatto verso di lui, provocandosi una forte vertigine che lo fece pericolosamente barcollare all’indietro.
    Imprecò mentalmente, odiava sentirsi debole. Nonostante fosse un Baskerville e per questo guarisse molto più velocemente di un normale essere umano, la ferita al braccio era stata davvero troppo grave e ad ogni modo era in grado di far guarire più velocemente la ferita ma non di rigenerare il sangue perso.
    “maledizione!” pensò, arrabbiato con se stesso.
    Dopo aver spiegato ad Oz il suo piano, il biondo diede sfogo a tutto il suo dissenso al riguardo, cosa che gli fece alzare gli occhi al cielo.
    «Se hai un’idea migliore è ben accetta: nemmeno i sono entusiasta alla prospettiva di usare Jabberwock anche se solo per pochi secondi, ma lo preferisco comunque al farmi una gita alla Pandora in qualità di prigioniero».
     
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    Oz rimase in silenzio. Il ragionamento di Leo non faceva un piega, ne era consapevole, eppure non si sentiva lo stesso tranquillo. Era un comportamento stupido, lo capiva da solo - neanche il moro era felice di dover utilizzare Jabberwock così presto. Continuava a non andargli per niente a genio questa cosa, però più rimuginava, più si avvicinava alla conclusione che sì, purtroppo quella era praticamente l'unica opzione possibile a loro disposizione. Avrebbe sinceramente voluto poter essere più d'aiuto di così, ma i poteri di B-Rabbit, nelle loro condizioni, potevano fare ben poco.
    « Va bene » sentenziò infine « Dammi solo un attimo »
    Si era accorto con il senno di poi che praticamente era ancora mezzo nudo. Si rivestì quindi il più in fretta che poté, assicurandosi di non aver lasciato niente - tastò più volte la tasca interna della giacca per controllare di avere ancora il suo orologio. Appena fu pronto, si avvicinò di nuovo alla finestra, giusto in tempo per vedere gli uomini di Pandora entrare di corsa nella locanda. Intanto da fuori la porta giungeva un baccano sempre più intenso e il rumore di passi era decisamente aumentato. Non abbiamo più tempo, pensò.
    « Okay, andiamo » soffiò fuori, con un filo di voce « Cerca solo di non sforzarti troppo »
    E speriamo che funzioni, aggiunge nella sua mente.
     
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    Oz era evidentemente combattuto tra la consapevolezza che dovevano assolutamente andarsene da lì e il non volere che lui si sforzasse troppo… alla fine il raziocinio ebbe la meglio ed il biondo diede il suo consenso.
    Leo si appoggiò stancamente al muro, guardando il biondo finire di indossare gli indumenti ad una velocità folle. Nonostante la situazione, non riuscì ad impedirsi di pensare che osservarlo vestirsi era davvero una sofferenza, era così bello nudo, i vestiti non gli rendevano affatto giustizia, per quanto fosse perfetto anche con quelli addosso.
    Quando il biondo finì, Leo spalancò la finestra, guardando l’entrata della locanda.
    Sentiva perfettamente i passi avvicinarsi pericolosamente, ma evocò Jabberwock solo quando anche l’ultimo degli agenti di Pandora fu entrato all’interno dell’edificio.
    Salì sul dorso della creatura e prese per mano Oz, aiutandolo a fare lo stesso e sentendo quindi una dolorosissima fitta alla spalla che decise di ignorare.
    Subito si sentì provato dall’evocazione, ma strinse i denti e guidò il Chain a sollevarsi in volo appena in tempo per sentire gli agenti abbattere a calci la porta, entrando nella stanza.
    Fecero il giro della locanda, fino ad arrivare sul retro, e cercò un posto abbastanza riparato per atterrare.
    Niente da fare, la maggior parte dei vicoletti erano troppo stretti per permettere a Jabberwock di passare e non era il caso di atterrare in una delle vie principali e piene di gente.
    Si morse un labbro e fece qualcosa di terribilmente stupido: obbligò Jabberwock a volare alla massima velocità che poteva raggiungere, dirigendolo fuori dalla città, nel mezzo di un bosco.
    Ci vollero pochi minuti, ma a lui sembrarono secoli. Ogni millesimo di secondo gli costava dolore e fatica.
    Fece atterrare Jabberwock vicino ad un fiume, cadendo a terra senza forze appena terminò l’evocazione.
     
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