Posts written by __shiroi

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    CITAZIONE
    Durante la Retrace 47

    Legenda:
    descritto
    « parlato »
    pensato


    Oz si stirò bene le braccia, mentre varcava l'ingresso principale, uscendo nel vasto giardino, adibito a festa. Tutti borbottavano, chi più chi meno, qualcosa a proposito del fatto che non fosse proprio il caso di fare un Tea Party, con una situazione tanto tesa a Pandora, e soprattutto dopo l'ultima riunione a seguito della distruzione della seconda pietra del sigillo; ma al contrario Oz pensava che non ci fosse momento migliore di quello. Passare un pomeriggio spensierato dopo tanto tempo era proprio quel che ci voleva e di sicuro avrebbe fatto bene a tutti; la stanchezza e il nervosismo erano così pesanti e tangibili tra i membri dell'organizzazione - pure tra gli uomini della mia scorta, il biondo se n'era accorto - che avrebbero potuto tagliarle tranquillamente con un coltello e servirle come rimpiazzo dei pasticcini insieme al tè - anche se non sarebbe stata una gran bella cosa.
    Mentre muoveva qualche passo sull'erba soffice, il Vessalius dovette coprirsi gli occhi con una mano di quanto erano luminosi, quel giorno, i raggi del sole, ma nonostante questo li trovò davvero molto piacevoli, così come il vento leggero che soffiava, smuovendo un po' le sue ciocche bionde. Da quant'è che non provava un tale senso di beata pace? Parecchio ormai. I tumulti si erano susseguiti così velocemente che non aveva avuto nemmeno il tempo di riprendere fiato. Prima Sablier - rivedere suo padre non era stato un granché piacevole - poi l'accorgersi che Break aveva perso la vista - in realtà all'inizio aveva creduto che semplicemente l'albino non si sentisse molto bene - e infine gli eventi alla villa di Rytas - quelli, forse perché avvenuti più di recente, erano ancora ben marchiati nella sua memoria, esattamente come tutto quel rosso sparso sul pavimento della magione.
    Scosse lievemente la testa, cercando di non pensarci. Voleva godersi il più possibile quel momento di pausa, ma se si fosse messo a ricapitolare continuamente gli accaduti poco felici, non ci sarebbe di certo riuscito; così lasciò da parte tutto il resto, concentrandosi sul Tea Party già in corso. Diede un'occhiata in giro, accorgendosi che erano davvero tutti lì. Break e Sharon da una parte, Gil e Alice dall'altra, gli sembrò anche di scorgere Echo nascosta dietro un albero e stava arrivando persino Sheryl, insieme al vero duca Barma. Sorrise a quella vista - avevano tutti un'aria così felice - prima di ricordarsi, solo in quel momento, che aveva perso di vista Elliot e Leo. Mentre stavano parlando - e non avevano nemmeno finito la discussione sul cacciatore di teste - erano stati tutti trascinati fuori dallo zio Oscar; non si era proprio accorto di non averli più intorno. Si guardò quindi ancora in giro, cercando di scorgerli da qualche parte.
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    Ce l'abbiamo fatta! *-*


    La pelle di Leo era così morbida e invitante che Oz non poté proprio smettere di continuare ad accarezzarla con le labbra; sembrava fatta apposta per essere saggiata da lui, con la dovuta calma, e sicuramente il biondo non se ne sarebbe fatto scappare neanche un millimetro. Scese lungo il collo, arrivando al bordo della camicia, mentre sentiva chiaramente le mani del moro accarezzargli la schiena. Erano tocchi delicati, lenti, e ad ognuno di quelli un brivido gli attraversava veloce la spina dorsale; non gli dispiaceva per niente, anzi, era incredibilmente piacevole, a dirla tutta. Sciolse il fiocco fatto con un nastro blu che circondava completamente il colletto della camicia di Leo - gli stava bene, e dire anche che non ricordava nemmeno di averglielo dato, tanto era stato preso dall'imbarazzo, prima, per tutto il tempo - sfilandolo quindi del tutto, e passare poi ai bottoni della giacca. Li tolse ad uno ad uno, come se si divertisse a fare tutto con grande lentezza e far quindi attendere il moro un'eternità. Ebbe anche tutto il tempo per osservare il viso dell'altro sotto di lui; i lineamenti erano delicati, rasentavano la perfezione - ora che, senza occhiali o imbarazzo di mezzo, Oz poteva guardarlo molto meglio - e il tutto era coronato da quelle splendide iridi color viola intenso. Vi si perse per una manciata di minuti - non si sarebbe davvero mai stancato di specchiarvisi - prima di chinarsi a baciarlo, ricongiungendo le labbra con le sue. Erano davvero la morbidezza assoluta, e mentre gli accarezzava la lingua con la sua, lasciò che si diffondesse quella forte sensazione di calore che ne derivava. Gli cinse i fianchi con le mani, attirandolo di più a sé, come a non volerlo lasciare totalmente andare.
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    Oz non poté proprio non notare il rosso intenso che, al suo ridacchiare, aveva colorato vivacemente le guance di Echo. Gli venne da sorridere ancora di più a quella vista - Echo-chan era così tenera - ma purtroppo non ebbe l'occasione di fare o dire nient'altro. Anzi, a dirla tutta, quel piccolo arricciamento delle labbra scivolò via non appena la ragazza menzionò Gilbert. Gli disse che il moro non aveva assolutamente avuto intenzione di sparargli, ma aveva solo obbedito all'ordine perché Glen era la persona a cui era più legato. Era il suo padrone. Sentirne parlare faceva un po' male, a dire la verità. O meglio, faceva male la consapevolezza che Gil odiava Jack, e in quel momento, Oz Vessalius - anche se non aveva neanche più il diritto di usare quel cognome - ne stava usando il corpo. Lui e il finto eroe della Tragedia erano una sola persona. Rimase in silenzio, senza dir nulla, limitandosi a fissare un punto indefinito del pavimento in marmo, mentre Echo continuava a spiegargli la situazione. Come aveva immaginato, Break era stato catturato - era quasi certo che i Baskerville gli avrebbero riservato un trattamento particolare, viste tutte le volte che li aveva ostacolati, soprattutto con il potere del suo Chain - mentre fu un po' sorpreso di sentire che anche Sharon si trovava sottochiave; in fin dei conti era l'unica che probabilmente c'entrava meno di tutti, in quella storia, e pensava che forse avrebbero continuato a lasciarla fuori. Poi Echo nominò nuovamente Gilbert e stavolta Oz non si stupì molto; adesso che il Nightray ricordava tutto, era più che normale che fosse particolarmente confuso, a tal punto da non muoversi. Anche il biondo stesso, poco prima, aveva sentito il peso dei ricordi così forte da tenerlo inchiodato al pavimento.
    Si spostò appena, per trovare una posizione leggermente più comoda, visto che i muscoli all'altezza dello stomaco erano rimasti in tensione per tutto il tempo e adesso iniziano a fare più male di prima. Si sedette, dunque, tornando a prestare attenzione ad Echo. Gli aveva detto di resistere ancora un po', e che avrebbe anche provato a fare qualcosa, e Oz non riuscì ancora una volta a trattenere un sorriso; un misto di tenerezza nei confronti della ragazza, ma anche tanta amarezza. Resistere era davvero difficile in quel momento, e, nonostante le parole rassicuranti dell'altra, sicuramente i Baskerville non lo avrebbero tenuto in vita per molto. Ne era consapevole. In fin dei conti lui era in parte Jack, colui che aveva condannato Sablier a sprofondare nell'Abisso e che aveva ucciso il capo dei Baskerville, Glen, spacciandosi poi per eroe. La sua anima risiedeva in lui e probabilmente non aspettavano altro che toglierlo di mezzo; se anche non l'avessero fatto, lo avrebbero comunque rinchiuso nell'Abisso. E sinceramente a questo punto sarebbe stato meglio morire, piuttosto. Si sentiva in parte come se fosse tornato ad essere quello che era prima, quando alla magione aveva scoperto che in realtà Raven era Gilbert. Pur di non vedere la promessa spezzata per colpa sua, avrebbe preferito morire lì, ed era sempre stato convinto che, se fosse servito a salvare qualcuno a lui caro, sarebbe stato giusto anche perdere la vita; così adesso, pur di non vedere tutto quanto distrutto, come a Sablier, ancora una volta per colpa sua, sarebbe sicuramente morto. Sorrise ancora, perché si rendeva conto da sé quanto fosse egoista. Sto cercando solo di proteggermi. Glielo aveva già fatto capire Elliot, tempo prima, ma forse con la sua morte, erano andate perdute anche tutte le sue parole.
    « Ti ringrazio, Echo-chan » disse infine, decidendo che starsene in silenzio a rimuginare continuamente non gli sarebbe giovato a molto « ma credo che non sarà così semplice. Questo corpo... » fece un piccola pausa, come se non trovasse le parole « ...questo corpo appartiene a Jack. »
    Si stupì di quanto fosse difficile a livello psicologico riuscire a pronunciare quella semplice frase.
    « E visto anche che la sua anima risiede in me, significa che i Baskerville, con ogni probabilità, mi uccideranno o mi getteranno nell'Abisso. Jack rappresenta una minaccia, e in quanto tale deve essere eliminata »

    Scusa l'immenso ritardo xD mi ci è anche voluto un bel po' per scriverlo xD
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    "erano le iridi di un Dio dall'infinita bellezza che gli apparteneva e al quale apparteneva." Guarda che poi Oz si monta la testa! X°°D


    Quando Leo si aggrappò e inarcò la schiena, Oz capì che anche lui aveva raggiunto il limite, e istintivamente lo avvicinò a sé di rimando, non appena lo sentì stringersi con forza a lui. Amava il calore e la sensazione di sentire la pelle del moro a contatto con la sua - e probabilmente non ne avrebbe fatto più a meno, adesso che sapeva quanto fosse fantastica e piacevole. Uscì da lui, sempre con tutta la delicatezza di cui fosse capace, sdraiandoglisi poi accanto. Il petto si alzava e abbassava velocemente, mentre cercava di stabilizzare il respiro, ancora decisamente irregolare; non avrebbe mai immaginato che anche l'aria potesse risultare bollente in situazioni come quella. Socchiuse gli occhi per un attimo, ancora leggermente annebbiati dal piacere, abbandonandosi sul materasso morbido, per poi sistemarsi meglio su un fianco e puntare le iridi verdi su quelle viola di Leo. Non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso carico di tutto quello che provava in quel momento. Amore, affetto, felicità, tenerezza, e ancora amore.
    Sentiva il cuore continuare a martellargli il petto, nonostante avesse già fatto tornare almeno il respiro normale; a quanto pareva non ne voleva proprio sapere di riprendere a battere regolarmente. Alzò una mano, indirizzandola sul viso di Leo, e gli accarezzò dolcemente la guancia. Continuava sempre a sorridergli, perché non si era mai sentito tanto felice in vita sua. Gli si avvicinò di più, appoggiando la testa sulla sua spalla.
    «Forse ti potrò sembrare davvero molto monotono» disse, ridacchiando leggermente «Ma ti amo, sai?»
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    Purtroppo sì, sei costretta ad escludere i pg che non puoi muovere xD Comunque così va benissimo! Mi piace molto come scrivi **


    Oz era sicuro di star camminando da molto più di un paio di semplici minuti, eppure aveva l'impressione di non essere avanzato granché. O meglio, quella sporgenza sembrava non abbassarsi di livello per niente - oppure era così ottuso da non rendersene proprio conto - e scendere nella parte profonda della voragine si stava rivelando un'impresa ben più complicata di quanto avesse pensato. Senza contare che Gil e Alice risultavano ancora dispersi chissà dove. Si fermò un attimo, titubante ancora una volta sul da farsi. La strana sensazione di prima - il misto tra nostalgia e qualcosa di terrificante - continuava a crescere man mano che avanzava ed era come se lo avvertisse costantemente di non andare più avanti di così. Era sicuro della presenza di uno dei ricordi di Alice, lì, eppure c'era anche qualcos'altro; qualcosa di più vicino a lui, che non gli piaceva affatto. Iniziò a prendere in seria considerazione l'idea di tornare indietro, e fu proprio quando si decise a fare due passi in quella direzione, che sentì degli strani rumori decisamente troppo vicini. Dei versi orripilanti, come rantolii bassi, a quanto gli sembrava, appartenenti a qualcuno - o a qualcosa, pensò, perché stentava a credere che fossero umani - che gli fecero sinceramente accapponare la pelle. Si acquattò contro una parete rocciosa poco distante, sperando che qualunque cosa ci fosse lì nei paraggi, non l'avesse notato. Udì parecchio trambusto in lontananza, mentre gli altri rumori si facevano più vicini, insieme al suono di passi veloci. Qualcuno sta correndo si disse, mentre prendeva in considerazione la possibilità che potesse essere o Gilbert o Alice; ma rimaneva sempre non verificabile a causa del buio che scuriva perennemente l'ambiente. Non ebbe neanche il tempo poi di muovere un solo muscolo che, a pochi centimetri da sé, si ritrovò una creatura deforme dall'aria tutt'altro che amichevole. Rimase pietrificato per qualche secondo, cercando di analizzare che cosa avesse davvero di fronte; quella "cosa" ricordava vagamente una forma umana, ma era come avesse acquisito pezzi di Chain, una sorta di rifiuto dell'Abisso. Si lasciò sfuggire un piccolo grido per lo spavento, prima di prendere a correre più in fretta che poté, rendendosi conto che quell'essere non era solo. Passo dopo passo, risalì veloce l'unico tratto di strada che aveva fatto, scoprendo suo malgrado che anche qui vi erano altri mostri ad aspettarlo. Dannazione! Sembravano vagamente attratti da lui. E c'era di nuovo quella sensazione di nostalgico terrore che gli invadeva il cuore; la sentiva più chiara che mai adesso, e la sua mente, in risposta, gli gridava che doveva andarsene da lì, alla svelta. Quel luogo, in cui 100 anni prima si era consumata la Tragedia di Sablier e che ormai era ridotto ad un enorme buco nero, non gli piaceva per niente. Ricordava ancora benissimo ciò che aveva visto nei ricordi di Alice, mentre erano dimensione di Cheshire, e in quel momento, senza che riuscisse a spiegarselo, necessitava fisicamente e psicologicamente di trovarne una via di fuga. "Io non voglio uccidere!" Ma nonostante volesse fuggire via, i muscoli all'improvviso sembravano troppo intorpiditi per rispondere dovutamente ai comandi. Si ritrovò così ad accozzare movimenti incerti e confusi, rimanendo quasi accerchiato da quegli esseri informi. Quando uno di quelli gli afferrò con forza il braccio, Oz sentì chiaramente la paura pervaderlo da capo a piedi. Sarebbe inesorabilmente morto; fatto brutalmente a pezzi da qualsiasi cosa fossero quei cosi, a meno che... Io non distrugga tutto. La mente iniziava stranamente ad annebbiarsi, e ogni pensiero si tramutava nello stesso: distruggere. Visto che era lui, poteva farlo, no?
    Scorse con la coda dell'occhio una figura familiare qualche metro più in là, che nel suo ultimo attimo di lucidità identificò come Elliot; e prima che se ne rendesse conto, aveva già sguainato la falce, lacerando la carne e imbrattando così la lama e la mantellina di sangue.
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    CITAZIONE
    Dalla Retrace 36

    Legenda:
    descritto
    « parlato »
    pensato


    Avanzando man mano nell'oscurità causata dall'enorme voragine, Oz non poté fare a meno di ripensare a Philippe e alla sua reazione nel vederlo. Per tutto il tempo si era sempre chiesto che cosa ne fosse stato del bambino dopo la morte del padre, se fosse rimasto solo anche lui e il senso di colpa e solitudine lo aveva accompagnato costantemente. Non era riuscito a mantenere la sua promessa; in certo senso però si sentiva almeno un po' più sollevato adesso che si era quantomeno scusato con lui. Ripensò anche a ciò che gli aveva poi detto Elliot. Nonostante tutti gli ripetessero la stessa cosa, era come se Philippe non riuscisse ad accettare che suo padre fosse morto. Diceva sempre di aver ricevuto una sua lettera. Oz non se lo spiegava, e avrebbe anche voluto chiedere di più su questo "Cacciatore di Teste", che sembrava essere collegato al bambino, ma Elliot lo aveva sbattuto fuori insieme agli altri prima che potesse farlo. Continuò a camminare, abbozzando un mezzo sorriso, mentre gli tornava in mente anche il resto del discorso. Anche se il Nightray aveva detto che, se avesse saputo il suo cognome, a Lutwidge non l'avrebbe aiutato, Oz era più che sicuro che l'avrebbe fatto comunque.
    Arrivato ad una sporgenza un po' più alta delle precedenti, il biondo si voltò per chiedere a Gilbert come avrebbero fatto a scendere di lì senza rompersi quantomeno l'osso del collo, ma, guardandosi intorno, si ritrovò stranamente da solo. Lo stupore non fu poco; era incredibile con quale facilità aveva perso di vista sia lui che Alice, e per di più nel giro di quanto? Solo pochi minuti. Era sicurissimo di averli dietro di sé prima. Possibile che, preso per com'era dai suoi pensieri, si fossero allontanati così in fretta da non accorgersene? No. Gilbert non lo avrebbe di certo lasciato da solo. Quindi come diavolo si erano separati così di punto in bianco? Forse, pensò, potrebbero essere stati attratti da un'illusione. Non era improbabile, anzi tutto il contrario. Anche prima si erano ritrovati tutti e tre in una visione della Sablier di cento anni prima, creata dal potere dell'Abisso. Rimase allora interdetto sul da farsi. Avrebbe dovuto proseguire da solo oppure aspettare lì, sperando di ritrovare gli altri? Dopo qualche attimo di riflessione, optò alla fine per la prima, visto e considerato che restarsene a non far nulla non avrebbe giovato nemmeno a lui. Dal momento che andare avanti dritto avrebbe significato un salto nel vuoto di chissà quanti metri, decise di proseguire in parallelo alla sporgenza, sperando che, andando avanti, sarebbe stata bassa a sufficienza da permettergli di scendere e continuare verso la parte più profonda della voragine. Era intenzionato a trovare i frammenti dei ricordi di Alice, ma più andava avanti, più una strana sensazione nostalgica gli attanagliava maggiormente il cuore; era qualcosa più vicina alla paura e al terrore, invece che alla nostalgia. Aveva davvero un pessimo presentimento a riguardo, e iniziava a non vedere l'ora di poter uscire da lì.

    Stare una vita per scrivere un post. Sì, questa sono io XD Mi spiace averci impiegato tutto questo tempo >___> spero comunque che la role ti piaccia o/
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    Quando Leo si strinse di più a lui, Oz non poté che fare altrettanto, continuando nel frattempo a tastare con movimenti delicati il membro dell'altro. Aveva notato benissimo il tentativo del moro di reprimere un gemito nel momento in cui aveva preso a stuzzicarlo, e perciò le sue labbra si aprirono istintivamente in un sorriso, carico di una certa punta di malizia. Dovette ammettere che era abbastanza soddisfacente.
    Gli alzò di poco il viso, quanto bastava per poterlo vedere completamente; aveva le guance arrossate - ma Oz era sicuro di averle anche lui - e ciò gli trasmetteva una sensazione di immane tenerezza, nonostante fosse un po' inappropriata, data la situazione che ne andava ben oltre. Approfittò del momento per specchiarsi qualche attimo ancora nelle iridi viola dell'altro, sussurrandogli per l'ennesima volta quanto lo amasse. Continuò con le spinte e, tra un gemito e l'altro, ormai stava arrivando al limite; velocizzò quindi ancora un po' i movimenti, per poi prendere a baciare Leo con foga, affondando nel frattempo una mano fra i capelli scuri. Intrecciava la sua lingua con quello dell'altro, e usò il bacio anche come espediente per reprimere parte di quei gemiti acuti che non poteva più fare a meno di emettere. Nonostante le numerose volte che le loro labbra si erano unite, Oz constatò, con piacere, che baciare il moro si rivelava ogni volta una sensazione magnifica. Lo attirò ancora di più a sé, stringendolo quanto più gli fosse possibile, fino a quando non furono entrambi costretti a separarsi. Le spinte, ormai del tutto automatiche, avevano aumentato ancora il ritmo, e Oz non riuscì più a resistere. Gemendo più forte di quanto avesse fatto finora, si svuotò completamente nel corpo del moro.
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    Oz era abbastanza consapevole di non star dando un'idea esattamente fantastica di sé, ma non poteva farci nulla. L'essere stato nelle grazie di un professore era, ahimè, un dato di fatto - che gli era andando anche bene finché gli era tornato utile - e in quel momento, poi, aveva più che altro la necessità di mettersi al pari col programma di inglese, piuttosto che occuparsi di ciò che gli altri studenti avrebbero potuto pensare; di quello se ne sarebbe occupato una volta superato il primo periodo scolastico - che era sempre il peggiore. A conferma della sua crescente, seppur all'inizio, pessima reputazione ci fu il commento del moro;
    e, anche se il consiglio di fondo era basato su tutt'altro, non poté fare a meno di ridere mentalmente per quel "professore pedofilo", abbozzando un lieve sorriso. Era parecchio rassicurante la consapevolezza di non essere l'unico ad averlo pensato - in un certo senso era anche per questo che il professor Yura gli aveva sempre fatto venire i brividi.
    Stava per riprendere a leggere il paragrafo da dove aveva lasciato, quando l'altro gli diede qualche dritta su come studiare per l'attuale professore di letteratura inglese. Le labbra del biondo si arricciarono istintivamente, stavolta, in un largo sorriso, pieno di gratitudine nei confronti del moro.
    « Ti ringrazio, lo terrò a mente! » disse, pensando che quel ragazzo iniziava decisamente a stargli simpatico; tornò a sottolineare qualche frase del testo che sembrava essere abbastanza importante - c'erano anche alcuni termini evidenziati in grassetto, doveva essere per forze importante. Si fermò poi un attimo nel rendersi improvvisamente conto che non conosceva ancora il nome dello studente lì accanto, e che non si era nemmeno presentato; così si rivolse di nuovo a lui. « Il mio nome è Oz Vessalius, classe 1-D, piacere di conoscerti » disse con un lieve cenno del capo in segno di rispetto - non sapeva se l'altro fosse più grande di lui -, porgendogli la mano.
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    Al buongiorno di Gilbert, Oz avrebbe voluto chiedere che ore fossero, o qualsiasi altra cosa per far sì che il discorso non cadesse proprio sugli eventi del giorno precedente, perché - lo sapeva - il moro era preoccupato al riguardo e avrebbe fatto di tutto per cercare di consolarlo; ma, dato anche che era appena sveglio, il Vessalius non aveva proprio le capacità mentali per parlarne. Nonostante questo però non ebbe comunque il tempo di dire nulla, perché le domande del Nightray arrivarono, una dietro l'altra, così veloci che, ancora preso vagamente di sonno, Oz non riuscì a rispondere come si deve neanche alla prima. Rimase quindi qualche momento in silenzio, limitandosi a dare le dovute risposte solo mentalmente. No, mi spiace, non ho dormito granché bene a causa degli incubi. E penso di aver preso un po' di freddo per colpa della pioggia, ma non credo di avere la febbre. Alla terza però preferì non rispondere nemmeno nei suoi pensieri. Era ancora un po' sconvolto e, anche se sapeva bene che per il padre di Philippe non ci sarebbe stato nulla da fare, non riusciva a lasciar stare il fatto di non aver mantenuto la sua promessa e di aver reso il bambino come lui. Solo.
    Grazie a Gilbert che, poggiandogli una mano sulla fronte, controllava la temperatura, ebbe ancora qualche minuto per pensare a cosa dire - perché fino a prova contraria il Nightray non leggeva nel pensiero. Così cercò di sfoggiare un sorriso rassicurante.
    « Sto bene » mentì, ma, conoscendolo, il moro non si sarebbe fatto bastare questo come risposta, quindi continuò « E' solo che...mi chiedo cosa stia facendo adesso Philippe tutto solo »
  10. .
    Non ebbe nemmeno il tempo di riprendere aria dopo aver finito di parlare che vide subito il moro davanti a sé voltarsi in una direzione - che a Oz parve del tutto a caso - e iniziare a correre, facendosi largo tra gli scaffali e lasciando il povero Vessalius per un attimo interdetto e confuso.
    « Leo-kun! » chiamò più forte che poté, ma l'altro era già sparito nel corridoio adiacente. Il biondo non capì per nulla l'esatta dinamica della situazione; sapeva solo che Leo era scattato via nel giro di un attimo, come se si fosse accorto di qualcosa. Forse aveva notato un rumore o altro che a lui era sfuggito, quindi senza perdere ancora tempo Oz decise di andargli dietro, cercando di sbrigarsi a raggiungerlo il più in fretta possibile. Svoltò un paio di volte gli scaffali, seguendo per gran parte del tragitto solo i passi che risuonavano, anche se ben poco, nell'ambiente chiuso - Leo era veloce, ed era anche così avanti che il biondo faticò un po' per riaverlo finalmente nella visuale. Dopo quelli che sicuramente erano stati all'incirca una manciata di minuti, il moro si fermò e il giovane Vessalius ebbe la possibilità di fare altrettanto, riprendendo fiato. Alzando di poco gli occhi, nel suo campo visivo - seppur limitato a causa della luce soffusa - entrò anche una seconda persona. Eccolo pensò, calmando il leggero fiato dovuto alla corsa. Una figura decisamente molto più umana della precedente, dalla lunga chioma rosso intenso, se ne stava appollaiata in cima alla libreria, ad osservarli con uno sguardo che già da solo sprigionava tutta la superiorità di cui il Duca era fornito. Nonostante avesse cercato di partire con il piede giusto, Oz a quel punto non aveva per nulla l'intenzione di ripresentarsi con tono educato; in fin dei conti Barma sapeva già chi era. Si limitò dunque a ricambiare, con una punta d'astio, lo sguardo dell'altro, e a rimanere in silenzio, mentre Leo prendeva la parola. Dopotutto era lui ad avere diritto ad una spiegazione.
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    Quando Leo si era voltato veloce verso di lui, dopo che lo aveva afferrato per un polso, Oz pensò che il moro gli avrebbe, come minimo, urlato contro - anche per questo si era affrettato a lasciare la presa - ma, con suo sollievo, alla fine l'altro era riuscito a calmarsi, e aveva ripreso a ragionare con buonsenso. Il biondo emise un lieve sospiro, per poi concentrarsi su ciò che aveva detto Leo. La sua teoria su Barma, che non doveva essere troppo lontano, era decisamente plausibile, se non al 100% delle probabilità, e anche Oz ci aveva pensato. Si girò in direzione del punto dove quell'essere tondeggiante era svanito poco prima, fissando il lungo corridoio, diviso in due parti da quello centrale in cui loro stessi erano passati.
    « Esatto, sicuramente deve essere nei paraggi » rispose, quasi a bassa voce, muovendo qualche passo. Cercò di rimuginare al meglio che poteva. Dove può essersi cacciato quell'eccentrico di Barma? si disse immerso nei suoi pensieri; provava a figurarsi quanto poteva essere grande la biblioteca, ma più ragionava, più l'unica cosa che continuava a tornargli in mente erano le parole del fantoccio. Aveva ampiamente appurato che nemmeno il moro stesso sapeva del suo cognome - ammesso che la cosa corrispondesse alla verità - e con questo, la voglia di far luce sulla questione aumentava man mano che passava il tempo. Non voleva fare domande a Leo - gli sembrava già abbastanza sconvolto senza che lui gli facesse il terzo grado - così focalizzò la sua attenzione sulla ricerca di Barma, in modo che, una volta trovato, avrebbero chiesto direttamente a lui - perché era sicuro che anche il moro fremesse per sapere la verità. Di sicuro il duca non se ne stava in mezzo ad un corridoio amabilmente in piedi ad aspettarli, o quantomeno a rigor di logica doveva essere così. Piuttosto doveva trovarsi in un angolino appartato, ma sempre nei paraggi. Tornò quindi a posare lo sguardo su Leo, tirandosi fuori dai suoi pensieri.
    « Penso che si trovi alla fine di uno dei corridoi vicini » sentenziò alla fine.
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    "Ti amo". Quelle due parole avevano la straordinaria capacità di far perdere letteralmente battiti al cuore di Oz, nonostante non fosse la prima volta che Leo gliele dicesse - né di sicuro sarebbe stata l'ultima. Il fatto che il moro glielo ripetesse spesso gli fece capire quanto non sarebbe mai stato in grado di stancarsene, e anzi, ne avrebbe necessitato sempre. Era la formula magica di cui aveva a volte sentito parlare e che forse in qualche libro era riuscito anche a leggere; qualcosa che va oltre tutto e genera continuamente la fantastica consapevolezza di amare ed essere, di rimando, amati. Anche il biondo non poteva fare a meno di chiedersi per tutto il tempo come non se fosse accorto prima; come non si fosse reso conto di essere pienamente dipendente da Leo e tutto ciò che lo riguardava.
    Legati ancora una volta da un caldo bacio, Oz accarezzò la lingua dell'altro con la sua, intrecciandosi ad essa, mentre continuava a muoversi in lui, aumentando man mano il ritmo. Stretto al suo corpo, non poté fare a meno di godersi a pieno la sensazione di calore che veniva generata in lui e i tocchi delicati che Leo gli rivolgeva non facevano altro che alimentare l'eccitazione. Quando furono costretti a separare le loro labbra, i gemiti che prima il biondo era riuscito a reprimere vennero totalmente fuori. Ogni volta che rientrava completamente nel corpo del moro, Oz non riusciva a trattenersi dal sospirare di piacere - ma in realtà non c'era bisogno di trattenersi troppo. Continuò con le spinte, che si facevano via via più veloci, stuzzicando nel frattempo la punta del membro di Leo con le dita.
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    ...The 18th century in England was called Augustan after the period of Roman history wich had achieved political stability... lesse mentalmente, sottolineando bene la frase - almeno quella riusciva a capire che era una parte importante. Se c'era una cosa che odiava ancora di più della letteratura inglese in sé e per sé era il dover studiare anche il contesto storico in cui si trovavano determinati autori. Nomi di sovrani, date, località... un miscuglio storico che rappresentava per il biondo la parte più antipatica e stressante delle sessioni di studio; ma andava fatta, quindi poteva solo limitarsi a lagnarsi un po'. Continuò con la frase successiva, prima di essere interrotto dalle parole dell'altro studente. Sussultò ancora una volta - visto che il moro era tranquillamente immerso nella lettura, con tanto di auricolari, non si aspettava mica che gli rivolgesse la parola. Si voltò nella sua direzione, sospirando e posando per un attimo la matita.
    « Esatto, non riesco proprio a mandarla giù » rispose, stirandosi un po' il braccio « L'ho sempre odiata. Nella mia precedente scuola riuscivo a prendere voti molto alti, ma era per lo più grazie al professore di letteratura straniera che avevamo. Aveva sviluppato una sorta di ossessione morbosa nei miei confronti, nonostante non ne abbia mai capito davvero il motivo » continuò. Con tutto l'odio che aveva provato per il suo ex professore negli anni precedenti, Oz non credeva proprio che avrebbe mai pensato di sentire quasi un pochino la mancanza di quell'essere. Quasi, però. Aveva sempre avuto la mano decisamente larga con lui, anche se probabilmente il giovane non avrebbe mai dimenticato quanto, in cambio, risultasse appiccicoso con lui. E chi se lo scorda il vecchio professor Yura pensò, rabbrividendo. Non è che il biondo fosse un totale asino in inglese, sia chiaro, ma di certo non era uno studente eccellente come lo facevano sembrare i suoi voti, e la simpatia che quell'uomo aveva nei suoi confronti, a fine anno giovava sempre.
    « In altre parole, adesso mi tocca studiare molto più di prima » sospirò ancora « E non sai quanto sia difficile per me »

    *addita frase in inglese all'inizio* è presa dal mio libro di inglese LOL
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    Il lieve gemito di dolore che lasciò le labbra del moro ebbe la capacità di far andare Oz per un attimo nel panico più totale. Lì per lì l'istinto di fermarsi fu forte - aveva seriamente paura di fargli male - e avrebbe preso il sopravvento se l'altro non si fosse aggrappato poi tranquillo a lui, cosa che gli permise quindi di cancellare qualsiasi dubbio e possibile vacillamento. Continuò allora a fare quel che stava facendo. Leo intanto aveva preso anche a mordicchiargli lieve la spalla, e il biondo lo trovò terribilmente eccitante. Le labbra morbide dell'altro a contatto con la sua pelle generavano in lui sempre una sensazione fantastica, ma mai come il calore prodotto dall'essere nel suo corpo. Era qualcosa che andava al di là di ogni sua più lontana previsione, e non poté fare a meno di emettere un sospiro di piacere quando fu completamente dentro di lui. Gli diede il tempo di abituarsi alla nuova intrusione, e nel frattempo gli accarezzò delicatamente il viso con una mano, spostandogli anche qualche ciocca di capelli dalla fronte - aveva sviluppato una sorta di ossessione per quei capelli scuri. Si permise di osservarlo un po' - giusto qualche attimo - e più lo guardava, più si rendeva conto che il sentimento che provava per lui aumentava a dismisura man mano che passava il tempo. Era un riflesso incondizionato, esattamente come il suo amore.
    Gli sorrise, dal profondo del suo cuore, come per manifestare proprio i suoi sentimenti e a rassicurarlo. Credo che non potrò mai provare qualcosa di più intenso per qualcun altro pensò, prima di spegnere una volta per tutte il cervello - che rientrava continuamente in funzione -, smettere di pensare; lasciarsi andare e iniziare con una prima spinta lenta, seguita poi da altre, dai movimenti regolari.
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    Oz sussultò appena quando l'altro studente gli rivolse la parola. Era certissimo che non l'avesse notato per nulla, che non avesse fatto totalmente caso a lui, e invece si era sbagliato alla grande. Forse l'altro l'aveva persino visto arrivare, ma preferì non indagare oltre. Nonostante il moro gli avesse detto - anche se formulato diversamente - che poteva sedersi lì, il biondo rimase lo stesso un po' titubante sul da farsi.
    « Ah-- ehm. » accozzò le parole in risposta, senza formulare una frase di senso compiuto. Non voleva, da un lato, essere di alcun disturbo, però, a guadare l'orologio, il tempo passava e l'intervallo non era di sicuro eterno - nonostante in molti avrebbero ringraziato il cielo se fosse stato così. Si diede ancora una volta un'occhiata intorno, e costatando che gli spazi in cui spostarsi erano praticamente nulli, e chissà quanto ci avrebbe messo a trovarne un altro appartato in cui studiare, alla fine si arrese con un sospiro. Doveva per forza rimanere lì; così si sedette - non appiccicato all'altro, ovviamente - a gambe incrociate e vi poggiò sopra il libro di testo, tirando fuori anche la matita. « Scusami; cercherò di non disturbarti » disse soltanto, per poi iniziare a leggere nella sua mente il primo paragrafo, che riportava il titolo "The Augustan Age." Oddio. Non avrebbe mai capito in vita sua quale fosse la reale utilità dello studiare la letteratura inglese. In fin dei conti, non era un esercizio per la lingua vero e proprio, in quanto la maggior parte, se non tutti gli studenti, ripetevano poi i contenuti con le parole spiccicate del libro; manco a rielaborare il testo con parole proprie. In più, bastava e avanzava la loro, di letteratura; non c'era per forza bisogno di studiare anche quella degli inglesi. Sempre più di malavoglia, quindi, continuò a leggere - senza capire granché - sottolineando quelle che, almeno in apparenza, dovevano essere le parti più importanti.
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