Posts written by __shiroi

  1. .
    Il fatto che Leo non desse in alcun modo segni di vita, dopo che lo aveva chiamato, sinceramente lo spaventò un po’, però gli diede anche in parte conferma a una delle sue ipotesi. Probabilmente, se le parole di Barma fossero vere, nemmeno lui sa di essere un Baskerville pensò, sempre guardando il moro. Lo osservò per una manciata di minuti, durante i quali l'altro se ne restò immobile, con lo sguardo fisso chissà dove, sicuramente a rimuginare sulle parole del duca. Era stato preso alla sprovvista esattamente come il biondo, a quanto pareva, ma Oz non riuscì comunque a stabilire se la sua espressione - per quel poco che poteva vedere con i larghi cerchi degli occhiali - rappresentava spavento o stupore, o addirittura entrambi. Azzardò un passo nella sua direzione, iniziando davvero a preoccuparsi, ma un attimo dopo Leo finalmente spiccicò parola, nonostante il discorso iniziale risultava sconnesso e senza senso. Tirò comunque un sospiro di sollievo. Riuscì a captare solo qualcosa riguardo a Barma fuori di testa e al prenderli in giro, insieme a un successivo borbottio - il volume della voce era troppo basso perché Oz potesse capire le parole - prima di vedere il moro iniziare a camminare in un direzione a caso del corridoio.
    « Leo-kun! » chiamò, per poi andargli dietro e raggiungerlo. Lo afferrò per un polso, nel tentativo di fermarlo. « Aspetta! ». In realtà, quella era stata più una cosa istintiva, che meditata, quindi nonostante gli aveva detto di aspettare, il biondo si ritrovò a non sapere che dirgli. Voleva far luce sulla questione del cognome Baskerville, questo era ovvio - il tarlo della curiosità cominciava a roderlo - ma vista la reazione di Leo, forse era meglio non fare domande al momento, e trattarla una volta trovato il duca. Si accorse solo dopo che stava stringendo con una certa pressione il polso del moro, così mollò subito la presa scusandosi. La loro priorità doveva tornare ad essere cercare e parlare con Barma. « La biblioteca è immensa; se ci mettiamo a girovagare alla rinfusa, chissà quanto tempo ci vorrà per trovarlo. Almeno prima di iniziare a cercare, non sarebbe meglio provare a pensare in quale parte di questa stanza si possa essere nascosto il duca? » propose infine, dandosi una veloce occhiata intorno.
  2. .
    Oh oh, sono stati più precoci che in Purpose, sti due xDD

    Sentì distintamente le dita di Leo intrecciarsi ai sui capelli, e d'istinto non poté che fare lo stesso. Fece scivolare la sua mano fra le ciocche scure dell'altro, stringendole piano ed accorgendosi di quanto fossero morbide al tatto, nonostante ancora le sentiva un po' umide - non si era mica scordato che entrambi si erano completamente bagnati poco prima. Aveva il cuore che batteva all'impazzata - cercava il più possibile di ignorare la cosa - e i polmoni che gridavano per avere aria - purtroppo non aveva le capacità per ignorare anche questa. Oz non riusciva proprio a separarsi dalle labbra del moro, ma alla fine dovette lo stesso suo malgrado farlo. Nel frangente in cui riprendeva a respirare, si tolse la giacca che aveva messo nientemeno che qualche minuto prima, e la gettò chissà dove, ma alla fine gli andava bene da qualsiasi parte fuorché addosso a lui. Avrebbe fatto così anche con il resto, ma non c'era fretta. Prese a baciare il collo di Leo, lentamente, con qualche piccolo morso, scendendo piano piano; Con una calma quasi disarmante. Voleva assaporare ogni centimetro della pelle chiara del moro.
  3. .
    Ooookay o/


    Non si stupì particolarmente del piccolo rimprovero da parte della ragazza. Nonostante lei si ostinasse a farsi chiamare solo Echo, Oz non poteva fare a meno di aggiungerci quel "chan" alla fine, segno che comunque si consideravano amici, almeno per quanto riguardava il biondo. Fece l'immane sforzo di sollevare il busto - reso ancora più difficile dai polsi legati stretti dietro la schiena da una corda - e anche se i muscoli dell'addome tiravano parecchio per via della ferita, riuscì alla fine a mettersi seduto. Più o meno, perché in verità era inginocchiato, e così si era anche avvicinato alle sbarre. Echo gli chiese poi come stava. Benissimo pensò ironicamente. Stabilire esattamente come stesse davvero risultava difficile persino a lui. Avrebbe potuto dire tante cose; stanco, confuso, ferito, scioccato, distrutto, sia fisicamente che psicologicamente. Il tutto riassumibile in un "sto male" di proporzioni esasperanti, ma si sarebbe limitato a un semplice "sto bene", nonostante fosse più che palese il netto contrario. Il problema della risposta però non si pose, in quanto lo fece Echo al posto suo, risparmiandogli quindi la menzogna. A quanto pare il suo aspetto doveva dirla lunga anche sulle sue condizioni, se persino Echo se n’era accorta. Mentre la ragazza iniziava al’improvviso a leggergli qualcosa da un libro dalla copertina in pelle scura - aveva l'aspetto di un diario, in realtà - Oz si accorse dell'udito che era tornato finalmente normale. Infatti non faticò più come prima a capire il significato delle parole e anzi, più ascoltava, più si rendeva conto di conoscere quella storia; era sicuramente una di quelle che lo zio Oscar raccontava a lui e Gilbert quando erano più piccoli. Gil. Rimase in silenzio, man mano che la narrazione andava avanti, e nonostante il tono piatto di Echo, a Oz fece piacere lo stesso poter ascoltare ancora quella storia. Proprio sul più bello però il racconto si interruppe, a causa del finale mancante; questa svista fece deprimere inverosimilmente Echo, ma il biondo non riuscì proprio a fare lo stesso. L’unica cosa che gli venne spontanea fu ridere – però non per deridere la ragazza. Era la prima risata sincera dopo tanto - gli sembrava proprio di non ridere da un bel po’ di tempo.
    « Te l’ha raccontata Gilbert, vero? Sarebbe proprio da lui dimenticarsi il finale » continuò a ridacchiare « Grazie, Echo-chan »
  4. .
    Grazie *-*
    Comunque dai xD facciamo finta di nulla per Lottie XD


    I suoni erano rimasti ovattati per tutto il tempo, nonostante si fossero fatti decisamente più forti. Cominciava ad avvertire un recupero delle sue capacità uditive, ma non era ancora in grado di distinguerli perfettamente come una persona normale. A stento riusciva a capire da dove venissero. Attirò la sua attenzione specialmente quel rumore di passi che dalla prima volta che lo aveva avvertito si era fatto più insistente, e ad Oz non ci volle un'intelligenza sovraumana per capire che era arrivato qualcuno nella sua cella. Da come era sdraiato avrebbe avuto una perfetta visuale, e avrebbe potuto benissimo vedere chi fosse, se solo avesse aperto gli occhi. Il problema però stava proprio in quello. Dopo che per la stanchezza che prima l'aveva assalito aveva richiuso le palpebre senza troppe cerimonie, adesso non riusciva più a riaprirle. In realtà in parte non voleva - stava così bene nella sua piccola oscurità perenne - perché avrebbe significato vedere dov'era, e quindi ricordarsi come ci era finito; e quel giorno - anzi, solo in quella mattinata - aveva ricordato abbastanza, anche a sufficienza per tutta la sua restante vita; non c'era bisogno che la sua mente gli rinfrescasse continuamente la memoria sull'accaduto odierno, e soprattutto quello di 100 anni prima.
    Sentì qualche vociferare - anche se l'udito migliorava, non riusciva ancora a distinguere a chi appartenessero le voci, né tanto meno cosa dicessero - e poi di nuovo rumore di passi che si allontanavano. Qualcuno è andato via. La curiosità - a volte la trovava proprio fuoriluogo - iniziava a far presa su di lui, e decise quindi di fare lo sforzo immane di aprire gli occhi. La vista, all'inizio un po' appannata, si schiarì subito, facendo entrare nella sua visuale una figura conosciuta. Una ragazzina minuta, dai corti capelli argentei e un vestitino blu e bianco, se ne stava a fissarlo, sporgendo dalle sbarre. Non appena la inquadrò, non poté fare a meno di sorridere.
    « Echo-chan... » riuscì a dire piano.
  5. .


    Legenda:
    descritto
    « parlato »
    pensato


    Già dalle scale che collegavano il primo piano all'ingresso secondario della scuola, Oz riusciva a sentire parecchi vocii provenienti da fuori. Non si stupì per nulla, anzi, ormai c'aveva fatto l'abitudine. L'intervallo era quasi un momento sacro per la stragrande maggioranza di studenti, se non tutti, e puntualmente al suono della campanella si riversavano nel giro di un attimo in cortile, chi per sgranchirsi, chi per rilassarsi all'aria aperta dopo una metà mattinata un po' pesante, o chi semplicemente per lasciare le classi - parola che, tra i ragazzi, equivaleva benissimo a "prigione". Oz apparteneva però a quel gruppetto di persone - il cui numero si contava sulla dita di una mano - che utilizzava l'intervallo per ripassare qualche materia. Probabilmente in molti lo avrebbero preso per eretico, iniziando a fare riti di esorcismo alla sua anima posseduta da chissà quale forza oscura che lo spingeva a studiare, ma non poteva farci nulla. Non è che andasse esattamente pazzo per lo studio, sia chiaro. Il problema era rappresentato solo dall'inglese, in cui era un po' più che carente, e visto che a breve sarebbero cominciate le vacanze estive, non aveva proprio l'intenzione di passarle a studiare. Sapeva perfettamente che, se non avesse ottenuto almeno 80 [*] nel prossimo test scritto, gli sarebbe toccato un esame di riparazione a vacanze concluse.
    Attraversò il corridoio, con i libri sottobraccio, e raggiunse il portone d'ingresso secondario. La luce del sole batteva sull'ampio cortile della scuola, dando già qualche anticipazione del caldo torrido che sarebbe arrivato la settimana successiva. Il biondo, iniziando a percorrere la lunga striscia di pavimentazione chiara che collegava il cancello agli ingressi della struttura, diede un'occhiata in giro, per vedere se c'era un posticino all'ombra dove studiare in santa pace, e nonostante ci impiegò 10 minuti abbondanti, alla fine avvistò un faggio solitario non troppo lontano alla sua destra. Perfetto. Vi si avviò a passo svelto, mentre controllava di non aver dimenticato niente del necessario in classe. A causa della sua attenzione catalizzata sui libri, non si era minimamente accorto di un altro studente che aveva adocchiato il suo stesso albero. Infatti non appena raggiunse l'ombra, sussultò nel trovare anche lui lì. Lo vide sedersi tranquillo, infilarsi le cuffie nelle orecchie e iniziare a leggere un libro che, ne era sicuro, non era tra i manuali di studio scolastici, e il tutto senza completamente vedere il biondo. Oz rimase quindi interdetto, per un paio di minuti, non sapendo se chiedergli di poter rimanere lì oppure sgattaiolare via e trovarsi un altro posto.

    [*] In Giappone il punteggio dei test va da 0 a 100 (o almeno da quanto ho visto è sempre così D: ) e visto che in teoria la Pandora è un'accademia giapponese mi son mantenuta su sta cosa xD
    Anyway la role va benissimo o/ spero solo che ora Leo non lapidi Oz per aver invaso il "suo" spazio °___°
  6. .


    CITAZIONE
    Durante la Retrace 77

    Legenda:
    descritto
    « parlato »
    pensato


    Il pavimento in marmo su cui era disteso già da un bel po' era freddo, e non accennava minimamente a riscaldarsi con il calore, per quanto poco potesse essere, emanato dal suo corpo. Anzi, dal corpo di Jack, per l'esattezza. Sentiva i muscoli intorpidirsi sempre più, e gli arti erano così pesanti che faticava a muoversi - ma non che ne avesse l'intenzione, sia chiaro. Gli sembrava di essere stato abilmente incatenato ad un macigno grande chissà quanto, e in un certo senso era vero. Quel macigno portava il nome di "Memorie". Dire poi che in quel momento la sua mente fosse un disastro era un eufemismo bello e buono. I ricordi nuovi e vecchi scorrevano di continuo, senza possibilità di fermasi, prendendo di nuovo vita nei suoi pensieri, si sovrapponevano e si mescolavano a quelli di Jack, creando ancora più caos di quanto non ce ne fosse già di per sé.
    Lui era il B-Rabbit; non più Oz Vessalius, ma solo Oz. Il Chain che aveva stretto un contratto con il finto eroe della Tragedia di Sablier, e che su suo preciso ordine aveva ucciso così tante persone da averne anche perso il conto. Sono un Chain. E francamente non era una cosa tanto facile da accettare, non subito almeno. Il respiro di Oz era irregolare, affaticato, ma non seppe dire se fosse per la forza del cerchio che aveva il compito di trattenere i contraenti illegali come lui, o per tutto quel che era successo fino ad ora. Oppure anche entrambe. Ciò di cui era certo era che all'altezza dello stomaco, a causa del continuo alzarsi e abbassarsi del suo petto per la respirazione poco più veloce del normale, aveva una fitta continua che persisteva da quando aveva ripreso conoscenza. La ferita aveva smesso di sanguinare per fortuna - forse lo avevano medicato mentre era svenuto, anche se non è che la cosa gli importasse più di tanto - ma faceva ancora male a livello fisico e soprattutto psicologico. Gil mi ha sparato. Era un gesto che lo aveva profondamente scioccato, sul momento, ma ripensandoci adesso, in fin dei conti tutto era tornato come doveva essere. Gilbert non era il suo servo, bensì quello di Glen, e in quanto tale era giusto che avesse obbedito al suo ordine di fare fuoco. Gli dispiaceva davvero tanto anche per Alice. La colpa era solo sua se la ragazza aveva finito per suicidarsi; lui voleva tanto vederla sorridere ancora. Solo mia. E mandarla via era stata la cosa giusta da fare per proteggerla; in più ormai era questione di tempo che svanisse da sola. Nonostante il trambusto si era accorto della leggera trasparenza del suo corpo, e visto e considerato che il vero B-Rabbit si era rivelato lui, Alice non aveva più motivo di fingersi tale e rimanere lì.
    Aveva smesso di ascoltare le parole di Lottie già da un pezzo, e nonostante la sua poca attenzione, era riuscito comunque a scorgere rumore di passi, seppur in modo ovattato e in lontananza. Ma neanche di quello gli importava così tanto. Non sapeva come comportarsi; si sentiva solo profondamente vuoto, come era successo con Elliot, ma in modo molto più intenso.

    Come promesso ecco qua la nostra role sulla Retrace 77! Scusa se c'ho messo tanto a postare ç___ç e spero che ti piaccia :33
  7. .
    La scia di baci che Leo gli lasciava sul collo, le sue dita delicatamente intrecciate ai capelli, la sua voce che gli ripeteva di amarlo e anche l'aumento del ritmo di stimolazione; era tutto così dannatamente perfetto che Oz non poté resistere - non che lo volesse, poi - e decise di sconnettere completamente il cervello, adesso. Rimase in balia del moro, del tutto alla sua mercé, lasciandosi andare al piacere che provava nell'essere toccato dall'altro in quel modo. Il calore del basso ventre aumentava insieme all'eccitazione, e Oz iniziava a necessitare di andare ben oltre quel contatto. Voleva farlo suo, perchè Leo non era più di nessun altro. Era suo e basta. Lo amava più di ogni altra cosa al mondo e non avrebbe permesso ad alcuno di portarglielo via, o torcergli nemmeno un capello dal quel momento in avanti, anche se avesse significato mettersi contro Pandora o chicchessia.
    Fermò il moro - anche perchè stava cominciando ad arrivare al limite - e lo fece tornare di nuovo sdraiato sul materasso, spingendolo piano per non fargli male. Lo sovrastò come aveva fatto prima. Il respiro che era diventato un po' affannoso per i gemiti riprendeva a stabilizzarsi, ma - lo sapeva - lo sarebbe stato ancora per poco. Gli saggiò piano e velocemente le labbra con le sue, specchiandosi nelle iridi viola dell'altro.
    « Ti amo anche io » gli rispose a voce flebile, prima di posizionarsi tra le gambe dell'altro ed iniziare ad entrare in lui, con più delicatezza possibile. Andava ormai esclusivamente a istinto, e l'unica cosa di cui necessitava era sentire il calore del corpo di Leo a diretto contatto con il suo.
  8. .
    Le prime parole che quella strana figura - perchè a quel punto anche Oz aveva appurato che non fosse il vero Duca - aveva sputato fuori erano di sicuro poche, ma ben taglienti, tant'è che nel giro di solo qualche minuto il biondo era già stato bollato come moccioso. Anzi, ad essere precisi IL moccioso successore dei Vessalius - ma non che la precisazione cambiasse il succo di quello che, visto il tono con cui era stato pronunciato, poteva benissimo essere preso come un insulto. Oz quanto meno ebbe il buonsenso di ignorare la cosa e non offendersi, anche perchè era proprio l'ultima cosa di cui si stava preoccupando in quel momento. Era stato preso alla sprovvista dalla sparizione dell'anziano sferico - e in certo senso fu un sollievo non vedere più quel ghigno agghiacciante - ma in quelle due frasi che aveva pronunciato, una cosa in particolare lo aveva scioccato. Leo Baskerville. Quel cognome era stato una sorta di fulmine a ciel sereno per il biondo.
    Oz voltò lo sguardo verso Leo, ad occhi sgranati. Lui è un Baskerville!? La domanda si formulò automaticamente, com'era ovvio, nella sua mente, e rimase lì a martellarlo per il dubbio. Non riusciva a crederci, o meglio non capiva come fosse possibile. La loro ricerca si era bloccata proprio per mancanza di informazioni su quella casata, i Baskerville, e una cosa del genere, talmente importante, Leo non l'avrebbe omessa. O almeno è così che sperava. Si erano addentrati insieme cercando di scoprire la verità sulla melodia dell'orologio, confidandosi a vicenda, e Oz non pensava proprio che il moro gli avesse mentito sul suo cognome o l'avesse preso in giro.
    « Leo...? »riuscì solo a farfugliare. Oz si fidava di lui; non sarebbe arrivato ad andare persino da Barma per una finzione. E allora, perchè? Rimuginò bene sulle parole del finto duca, decisamente più convinto che fosse stato lui a prendersi gioco di loro. Che possa aver sbagliato un'informazione tale? ipotizzò anche, ma date le vaste conoscenze del duca era parecchio improbabile che sbagliasse o parlasse a vanvera. Continuò a tenere lo sguardo fisso su Leo. E se nemmeno lui lo sapesse, di essere un Baskerville? Era un'ipotesi più che valida, e non faceva nemmeno una piega. Quante volte si scoprono cose sul proprio conto che nemmeno noi stessi ne sia a conoscenza? E non poté fare a meno di ripensare alla sua Cerimonia di Passaggio, durante la quale era finito nell'Abisso senza saperne il motivo.
    Dato l'enorme dubbio sollevato dall'anzianotto, la faccenda di trovare il vero Barma era passata automaticamente in secondo piano, anche se in realtà sarebbe dovuto essere una loro priorità.
  9. .
    Non ebbe nemmeno il tempo di pensare a cosa fare, adesso che la biancheria di Leo era finita chissà dove insieme al resto dei vestiti, che il moro fece subito altrettanto con la sua, e iniziò a toccargli la virilità. Fu decisamente un'attenzione fin troppo intima perché Oz riuscisse a trattenersi dal gemere più forte di quanto avesse fatto fino ad ora, e senza la stoffa di mezzo era davvero tutta un'altra cosa. Le dita di Leo, muovendosi abili per l'intera lunghezza, gli donavano un incredibile piacere del tutto nuovo per lui. Nonostante cercasse di mantenere quel poco di lucidità necessaria per non perdere totalmente il controllo, ogni singolo movimento di Leo sembrava trascinarlo sempre più oltre il punto di non ritorno. Ma non che gli dispiacesse, sia chiaro. Abbandonò la testa sulla spalla dell'altro - quella non ferita, s'intende - e socchiuse gli occhi, permettendosi di godere a pieno dei tocchi dell'altro. Non era solo questione che il moro sapesse con esattezza i punti più sensibili; era proprio perchè era il Baskerville stesso a toccarlo in quel modo che il turbinio di emozioni e sensazioni aumentava, così come l'eccitazione. Sentiva il petto continuare a palpitare veloce, e sapeva bene che la tachicardia non era dovuta solo alle stimolazioni fisiche che stava ricevendo. La verità era che sia a livello fisico che mentale, non sarebbe più riuscito a fare a meno di Leo. Lo amava come non aveva amato mai nessuno, e si stava seriamente domandando com'è che non l'avesse capito prima.
    « Leo... » sussurrò, tra un gemito e l'altro, aggrappandosi al moro. La lentezza dei suoi movimenti era disarmante, e Oz era quasi certo che fosse in parte un modo per stuzzicarlo.
  10. .
    Il fatto che Yura sembrava finalmente così indaffarato da non dargli più conto per quelli che erano ben 10 minuti abbondanti - e per uno come Isla Yura si può definire una grande conquista - diede un'enorme sensazione di tranquillità ad Oz, seppur per poco e se si potesse davvero parlare di serenità in quel momento. Non riusciva proprio a digerirlo quel tipo lì, e non vedeva l'ora che tutta quella storia finisse, così da non dover più tenerselo appiccicato. Aveva la capacità di dargli su i nervi già solo con una semplice occhiata, e l'essere riuscito a fregarlo, spingendolo ad organizzare lì la Cerimonia di Passaggio, era una vittoria che Oz avrebbe vantato con una soddisfazione senza pari. Mentre scorreva vacuo sui vari ospiti, scorgendo finalmente Gilbert, circondato da un sacco di ragazze che strillavano qualcosa che il biondo non riusciva proprio a comprendere, il suo sguardo si posò su una testolina bianca che si muoveva rapida tra la folla di persone, per poi sparire dalla sua visuale. Break! pensò subito. Il giovane Vessalius aveva seguito il breve movimento dei capelli argentei, ma non si spiegava com'è che, essendo vicino all'ingresso, non l'avesse visto. Né lui, né Sharon, e adesso che lo notava, Oz non aveva scorto la ragazza. Ma data la fretta con cui l'albino si era mosso, ammesso e non concesso che fosse davvero lui, dubitava, conoscendolo, che Sharon gli stesse dietro. Non fece in tempo a girare gli occhi per provare a cercarla, che gli si avvicinò inaspettatamente lei stessa. Non appena entrò nel suo campo visivo, si voltò verso di lei, sorridendole.
    « Buonasera, Sharon-chan » disse, muovendo qualche passo nella sua direzione.
  11. .
    Il biondo non poté fare a meno di ridacchiare al finto dispiacere che Leo aveva impresso alla sua frase. Era inutile dire che non era necessario farsi strani viaggi mentali per quanto potesse essere imbarazzante il fatto che il moro restasse a dormire da lui. Non si sentiva più a disagio, anzi. Pensò che se l'altro se ne fosse andato via, probabilmente ne avrebbe sentito la mancanza in un modo indescrivibile. Posò la sua fronte su quella di Leo, chiudendo per un attimo gli occhi, come se in questo modo potesse, nel silenzio, percepire i suoi pensieri. Poi li riaprì. Erano davvero così vicini che poteva scorgere ogni minima sfumatura di quello spettro viola che corrispondeva agli occhi di Leo. Prima o poi mi farò dire perché ci tenesse tanto a nasconderli pensò, stabilendo che quelle erano sicuramente le iridi più stupefacenti che avesse mai visto. Qualsiasi altro colore di occhi, a confronto di quell'intenso viola, avrebbe perso la sua lucentezza.
    « Beh, potremo sempre sfruttare altre occasioni per diventare di nuovo solo Oz e Leo. Ma per adesso... » non completò la frase di proposito, lasciando capire all'altro che cosa intendesse. E non fu poi così difficile, visto che riprese possesso delle labbra di Leo, baciandolo, e circondandolo con le braccia per stringerlo a sé.
  12. .
    Quando Leo gli aveva fermato la mano, per un attimo Oz aveva temuto di aver fatto qualcosa di sbagliato. Di incredibilmente sbagliato e di aver rovinato tutto. Ma fu subito sollevato nell'apprendere poi che l'intento del moro non era quello di bloccarlo, bensì di sfilargli via i pantaloni, che anche lui iniziava a trovare stretti e del tutto fuori luogo. Sentì distintamente l'altro sfiorargli l'intimità mentre gettava i suoi indumenti, e fu attraversato da un brivido di piacere lungo la spina dorsale. Leo sapeva decisamente il fatto suo. Aveva la capacità di toccare i punti più sensibili e conosceva di preciso quali essi fossero. Nonostante non potesse non ammettere che dietro la sua "abilità" ci fosse di certo esperienza, Oz decise che era meglio volontariamente quei pensieri. Non era difficile immaginare con chi il Baskerville potesse aver avuto altre situazioni del genere, ma in quel momento non era importante. Leo era suo adesso, e viceversa. Erano lì perché necessitavano entrambi dell'altro. Non riuscì proprio a trattenere un gemito, quando Leo prese a saggiargli la pelle con le labbra calde e morbide e ad armeggiare con l'elastico della sua biancheria, a mo' di gioco, permettendosi ogni tanto qualche tocco più intimo. Cominciava seriamente a perdere il controllo di sé e del suo corpo, mentre il calore del basso ventre aumentava ad ogni nuova attenzione da parte di Leo. Dal momento che il moro si era abilmente messo seduto, adesso Oz si trovava a cavalcioni su di lui, e nel prendergli il viso tra le mani per ricongiungere le loro labbra, rimaste distanti le une dalle altre troppo a lungo, non poté evitare che le loro virilità si sfiorassero, sempre tramite la stoffa. Inutile dire che fu una nuova scarica di piacere, e il gemito che si fece scappare fu fortunatamente assorbito dal bacio. Cominciava a trovare d'impiccio anche la biancheria intima, così, senza staccarsi di un solo millimetro dalla bocca dell'altro, gliela sfilò via senza troppe cerimonie.
  13. .


    CITAZIONE
    Durante la Retrace 49

    Legenda:
    descritto
    « parlato »
    pensato


    La grande sala da ballo della villa di Yura cominciava a diventare piuttosto caotica, con tutta quella gente che era giunta lì per la sua Cerimonia di Passaggio. Il continuo via vai di ospiti, e l'orchestra che aveva preso a suonare rendeva l'atmosfera allegra, proprio come si addiceva ad una festa. Ed era ciò che pubblicamente doveva sembrare. Un semplice party per un ingresso in società. Nessuno avrebbe potuto sospettare che in realtà il tutto era mirato solo a trovare la pietra del sigillo che si trovava chissà dove nei sotterranei della villa.
    Distrattamente, Oz accolse ancora una volta l'ennesima coppia di nobili che, cordialmente, gli facevano le congratulazioni e gli porgevano la piuma bianca. Cominciava a stancarsi di dover salutare persone che, parlando in tutta sincerità, non conosceva proprio, o quanto meno aveva rimosso dalla memoria. Yura si era stranamente scollato da lui per una manciata di minuti, dirigendosi tutto allegro da qualcuno che era appena arrivato - un'altra faccia completamente nuova per il biondo - e visto che rimaneva comunque nel suo raggio visivo, Oz decise di sfruttare quegli attimi per darsi un'occhiata intorno. Tra gli ospiti, c'era chi ballava, chi chiacchierava, e il biondo riusciva a scorgere benissimo parecchi funzionari di Pandora, che vestiti eleganti riuscivano a passare inosservati a chi non ne conosceva il volto. Si accorse anche che Reim non era più in sala, e dovette dedurre che la caccia alla Pietra era già iniziata. Secondo le disposizioni generali, Oz sarebbe dovuto rimanere lì, per non destare sospetti e tenere contemporaneamente d'occhio Yura, insieme a Gil e Alice, mentre gli uomini di Pandora cercavano indisturbati, e semmai fosse successo qualcosa, Break e Sharon sarebbero intervenuti in suo aiuto. Ora che ci pensava, si era totalmente scordato che nella sua ombra c'era Eques. Sharon lo aveva lasciato lì un paio d'ore prima che iniziasse la cerimonia, e da all'ora non aveva visto più né lei, né Break. Chissà se sono già arrivati si domandò, cercandoli tra la folla con lo sguardo, ma non scorse nessuno dei. Non si stupì; alla fine era rimasto all'ingresso della sala tutto il tempo, e se fossero arrivati li avrebbe di certo visti.
  14. .
    Il minuto servitore che li aveva condotti per i corridoi della villa fino al massiccio portone in legno gli era parso un po' insicuro, se non addirittura spaventato. La sua voce era tremante e flebile, tant'è che Oz dovette sforzarsi parecchio per capire cosa dicesse, e andò anche più ad intuito che altro, quando finalmente l'uomo informò lui e Leo che Barma era pronto a riceverli e potevano entrare. Prese un respiro, un grosso respiro, rivolgendo uno sguardo al moro. Era arrivato il momento buono di gettare da parte l'orgoglio e tutti quei sentimenti di repulsione nei confronti del rosso che stavano per incontrare, prima di mettere piede lì dentro. Facendogli un cenno con la testa, come per dire "Andiamo", poggiò le mani sulla grossa porta, per poi spingere le ante e lasciare che si aprissero. La stanza che si presentò dinnanzi a loro era, quasi come uno scherzo del destino, ancora una volta una biblioteca. Una vasta ed enorme biblioteca, grande forse anche più di quella di Lutwidge, e vista la larga conoscenza che il duca vantava, Oz non si stupì per niente. E in più adesso aveva anche il biondo qualcosa di che vantarsi - ovvero aver visto praticamente metà delle migliori biblioteche della nazione. Si poteva benissimo ritenere soddisfatto di ciò. Varcò la soglia, e si guardò intorno, notando che qualcosa non andava. Infatti non c'era nessuno lì, o almeno era così che sembrava. Azzardò qualche altro passo, controllando nei piccoli corridoi creati dagli altri scaffali pieni di libri, ma non c'era letteralmente anima viva. Dov'è Rufus Barma? pensò, continuando a camminare a passo lento e a voltare lo sguardo ovunque gli fosse possibile. Iniziava a farsi un po' prendere dal panico, temendo che Barma li avesse presi in giro - da quel che aveva sentito dire, non sarebbe stata la prima né tanto meno l'ultima presa in giro dell'eccentrico duca, e poi il fatto che aveva accettato l'invito così in fretta gli era parso davvero fin troppo bello.
    « Leo, temo che gli non ci sia nessuno qui » disse, fermandosi un attimo. Fu proprio quando le sue speranze stavano miserabilmente crollando, che, nel guardare in quello che doveva essere il 5° corridoio che controllava, corse davanti a sé una figura bizzarra e alquanto tondeggiante. A prima vista, doveva essere un anzianotto, con quel paio di lunghi baffi e dalla forma davvero rotonda, ma ciò che faceva accapponare la pelle era il largo ghigno inquietante che aveva. Istintivamente, Oz avrebbe cacciato un urlo disumano, come chiunque sarebbe stato al posto suo, e invece rimase immobile a fissare l'uomo davanti a lui. Era comparso all'improvviso, l'unica cosa che l'aveva un po' spaventato, ma nonostante questo non rimase poi così turbato come credeva. Si aspettava già di trovare una persona fuori dal comune, in un certo senso anche a quei livelli. Ma alla fine, strambo o meno che fosse, non gli importava; se Barma era fatto così, non poteva farci nulla. Rimaneva sempre il duca a cui il biondo necessitava di strappare informazioni di vitale importanza. Abbozzò il miglior sorriso che riuscì a tirar fuori.
    « Oh, bene, lei deve essere Rufus Barma, piacere di conoscerla finalmente di persona » disse, con un lieve cenno del capo in segno di rispetto e saluto.
  15. .
    Oz si accorse che qualcosa di tanto intenso e incredibile non l'aveva mai provato, in tutta la sua vita. Nemmeno l'affetto che aveva per le persone a lui care, come Ada o lo zio Oscar, poteva lontanamente reggere il confronto con quello che si era reso conto di provare per Leo. Nei momenti di pura solitudine, in cui il freddo era l'unica cosa che riusciva a sentire, quando si chiedeva perchè fosse lì se non piaceva nemmeno a suo padre, aveva pensato che non avrebbe mai capito né avuto la possibilità di provare a pieno qualcosa come l'amare e l'essere amati. Con sollievo, si rese conto di essersi sbagliato.
    Sentì le labbra del moro schiudersi, e anche se era la prima volta che baciasse qualcuno - beh, almeno in quel modo, perchè quella non esattamente la prima - non si ritrovò poi così impacciato come aveva paura di essere. L'istinto e il desiderio di avere un contatto più profondo lo guidavano, mentre non riusciva più a fare a meno delle labbra dell'altro e l'ossigeno a sua disposizione calava vertiginosamente. Ebbe ancora una volta un disappunto senza pari quando entrambi furono costretti a separarsi. Riprendendo aria, Oz osservò, mentre cercava di calmare la tachicardia, Leo togliersi gli occhiali, finiti poi chissà dove sul pavimento, e quel gesto infuse un altro tipo di calore nel cuore del biondo. Il moro si fidava di lui, e non voleva nascondersi. Non poté fare a meno di sorridergli con tutto il cuore, con anche la consapevolezza che sarebbe rimasto ancora una volta letteralmente rapito da quelle iridi viola, che era riuscito a vedere per poco.
    Udì distrattamente il vetro della finestra vibrare, segno che la tempesta infuriava indisturbata. Oz ignorò deliberatamente la cosa, tanto Leo sarebbe rimasto lì con o senza diluvio universale. Al massimo il temporale era solo una scusa in più.
    « Credo che alla fine dovrai accettare il mio invito a rimanere qui per la notte » scherzò, rigirandosi qualche ciocca del moro fra le dita.
174 replies since 19/8/2009
.