Infrangere le regole

Aperta a chiunque

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    Quando –l’anno prima- era stato nominato prefetto, aveva pensato si trattasse semplicemente di una grandissima seccatura, una valanga di responsabilità non richieste e, soprattutto, tanto –troppo- tempo rubato ai libri.
    Ogni cosa, però, aveva i suoi lati positivi, come ad esempio le ronde notturne. Aveva sempre amato andare in giro di notte, lo trovava edificante, rilassante e tante altre cose che finivano con “ante”, però era sempre stato un problema dato che nella scuola c’era quel noiosissimo coprifuoco e le sue gite notturne le aveva dovute sempre fare cercando di non farsi beccare da prefetti, capi scuola o insegnanti… Poi era diventato lui stesso prefetto e le sue passeggiate erano giustificabili con le ronde che ufficialmente avrebbe dovuto fare per controllare non ci fossero studenti alzati, ufficiosamente si limitava a camminare per gli sconfinati corridoi di Hogwarts per il semplice piacere di farlo.
    Se ogni tanto il suo udito fine captava la presenza di qualcuno che non avrebbe dovuto essere in giro, semplicemente faceva finta di nulla perché sarebbe stata una grandissima perdita di tempo stanarlo, togliergli punti e trascinarlo per le orecchie al proprio dormitorio.
    Arrivato al portone dell’ingresso, lo aprì delicatamente per non fare rumore e uscì, ritrovandosi in pochi secondi in mezzo al prato dello vastissimo cortile della scuola. Inspirò l’aria fresca e prese a dirigersi in direzione del lago nero, luogo che adorava immensamente; anche durante il giorno era molto tranquillo, i casinisti solitamente si tenevano alla larga da lì.
    Tecnicamente anche i prefetti non avevano il permesso di uscire all’esterno della scuola di notte, ma poteva sempre dire di aver visto uno studente uscire e di aver fatto lo stesso per andare a recuperarlo, no?
     
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  2. Serenaide
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    Essere un prefetto era un compito piuttosto stressante, ma nonostante tutto era stato davvero orgoglioso di essere nominato tale, solo due maghi in ogni casa potevano esserlo. Così avrebbe anche dato importanza al nome dei Nightray, dato che, nonostante tutti i suoi fratelli così come i suoi genitori fossero dei maghi molto potenti, ormai da anni non avevano più la considerazione che gli spettava. E, in ogni caso, era giusto che ad Hogwarts si mantenesse l'ordine tra gli studenti, quindi anche i compiti più "fastidiosi" erano assolutamente necessari. Uno tra questi era il dover fare delle ronde notturne, per accertarsi che nessuno studente si aggirasse per la scuola durante la notte. Per questo, nonostante avrebbe preferito di gran lunga riposare o almeno rilassarsi un po' leggendo, era in giro per l'istituto. Aveva mandato in dormitorio già quattro studenti, quando ne intravide un quinto aggirarsi per i corridoi. Non lo inseguì subito, accertandosi che non fosse anch'egli un prefetto per evitare di fare la figura dell'idiota, ma quando lo vide ignorare bellamente una studentessa poco distante, capì che di sicuro quello non poteva essere altro che un normale studente. Idiota, per giunta, dato che, dopo averlo inseguito per un po', capì si stava avvicinando al portone della scuola. Scelta sbagliatissima. In quanto prefetto, nemmeno lui aveva il permesso di uscire, ma dato che si trattava di richiamare qualcuno di certo non potevano metterlo in punizione. Oppure sì perché avrebbe dovuto cercare un professore e affidare a lui l'incarico. Ma il ragazzo ormai era già sgusciato fuori, e mentre cercava un insegnante si sarebbe di sicuro allontanato... Oh, al diavolo! Non poteva lasciare che qualcuno si aggirasse liberamente per la scuola, figuriamoci fuori! Raggiunse l'ingresso e uscì fuori con tutta la cautela possibile, e quando si ritrovò sul prato riuscì a scorgere la sagoma del ragazzo -anzi, vedendo meglio alla luce della luna sembrava molto più una ragazza- di poco prima che si avvicinava al lago. Prese la rincorsa e finalmente riuscì a raggiungerla, afferrandole un polso e voltandola in modo da poter vedere che si trattava di... Leo?
    «Cosa diavolo ci fai qui, Leo? Sei un prefetto, dovresti almeno avere la decenza di rispettare le regole!» esclamò tra lo sconvolto ed il furioso.
     
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    Quando si sentì afferrare per il polso, la mano libera scattò immediatamente alla bacchetta e nel momento in cui si ritrovò di fronte all’”aggressore” gliela stava già puntando in faccia pronto ad una bella fattura orcovolante.
    Si fermò appena in tempo nel riconoscere Elliot e abbassò appena la bacchetta, sorbendosi stoicamente quel noioso rimprovero.
    Erano amici, per quanto fosse strano per studenti di due case tra cui scorreva una così aspra rivalità.
    Avrebbe potuto mettere in atto con lui la scenetta che aveva pensato poco prima ovvero fingere di star inseguendo qualche studente, ma non lo fece per due semplici motivi:
    1)Elliot non gli avrebbe mai creduto.
    2)Sapeva che l’amico non l’avrebbe denunciato.
    «Buonasera, Elliot» disse, ironico, liberandosi dalla stretta. «Sai come la penso, le regole sono noiose e non so cos’aveva bevuto il preside quando decise che sarei stato prefetto… ora, se non ti dispiace, stavo andando a fare una passeggiata. A domani, EllyElly» aggiunse per poi voltarsi e continuare per la sua strada come se nulla fosse accaduto, sapendo che l’altro si sarebbe infuriato.
     
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  4. Serenaide
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    Quando video Leo ignorarlo di tutto punto e riprendere a camminar fu preso da una rabbia incontrollabile. Lo afferrò per l'uniforme e lo trascinò indietro con uno strattone, in modo da trovarselo di nuovo di fronte.
    Leo era il suo migliore amico, gli voleva un bene dell'anima e tutto il resto, ma quando si trattava di infrangere le regole con tanta nonchalanche lo faceva davvero incazzare. Se era stato nominato prefetto c'era un motivo, ed era qualcosa di inconcepibile che buttasse tutto all'aria con quelle scappatelle che di sicuro gli sarebbero costate qualche bella punizione.
    Sapeva che non sarebbe mai stato capace di fare niente a Leo -almeno non a sangue freddo e senza che l'altro gli avesse già lanciato una fattura o un mobile contro- ma comunque non lo avrebbe mai lasciato girare per il lago da solo.
    Doveva trovare un modo per convincerlo a tornare per lo meno nell'istituto, non per un vero e proprio motivo ma per colpa di quello strano peso che gli si sarebbe di sicuro formato nello stomaco se avesse lasciato quell'idiota andare incontro ad una punizione certa. Quel tipo di peso che ti fa pensare "ma perché diavolo il mio migliore amico è un totale idiota?".
    Forse una volta tanto le parole potevano servire a qualcosa. Bastava usare calma, persuasione e tatto.
    «"EllyElly" un cazzo! Cosa c'è in quella tua sottospecie di testa al posto del cervello da farti tenere così tanto alla bocciatura, eh?» sbraitò incondizionatamente. E fanculo a calma, persuasione e tatto: Leo era suo amico, e non lo avrebbe lasciato da solo a fare cazzate.
     
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    Si limitò ad un sospiro rassegnato.
    Se Elliot, salvo l’essere provocato, non alzava la bacchetta contro di lui, lui invece non si faceva problemi –dopotutto lui era un serpeverde… ed EllyElly se ne scordava un po’ troppo spesso-.
    «Silencio» disse, puntando la bacchetta contro l’amico che subito si zittì, incapace di emettere suono.
    «No, ti prego, continua ad urlare così da svegliare l’intera scuola e farci finire davvero in punizione!» lo rimproverò in un sibilo, «non mi interessa se sei così dannatamente Grifondoro da voler a tutti i costi che io segua le regole; tu sei tu ed io sono io e, notizia straordinaria, tu non puoi permetterti di darmi ordini. Buonanotte» e dicendo questo, tentò per l’ennesima volta di andare per la sua strada.
    Sì, il lato Grifondoro di Elliot gli dava enormemente sui nervi.
     
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  6. Serenaide
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    Continuò a muovere le labbra per un po', "urlando" di frustrazione nel constatare che Leo gli aveva tolto la voce. Quel dannato! Di sicuro non sarebbe ricorso alla magia per rischiare la punizione ancora di più di quanto già stesse facendo, e urlare per chiamare qualcuno era fuori discussione, così come cercare di convince Leo. Però c'era ancora qualcosa che poteva fare senza dare troppo nell'occhio o complicare ulteriormente la situazione. Anche se, forse... Ma sì, non poteva parlare? Sarebbe ricorso al "linguaggio del corpo" e il moro avrebbe capito, oh se avrebbe capito... e, no, per linguaggio del corpo non intendeva segni o cose simili, ma qualcosa di un tantino più diretto. In un unico scatto raggiunse il moro e se lo caricò di peso su una spalla, tenendolo stretto affinché non scappasse.
     
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    C’era una pace incredibile quando Elliot non parlava, una pace così intensa che Leo si appuntò mentalmente di usare più spesso quella fattura quando l’amico entrava nella sua fastidiosissima modalità da Grifondoro scassa palle, ligio al dovere e altre minchiate simili che non facevano altro che farglielo momentaneamente odiare come ci si aspettava da un Serpeverde nei confronti di un Grifondoro.
    Aveva già ripreso ad avviarsi verso il lago nero, pregustandosi l’immensa calma che solo quel luogo riusciva a dargli, quando si sentì sollevare di peso e caricare in spalla.
    Ovviamente non ebbe bisogno di chiedersi chi fosse l’aspirante suicida: lì erano solo in due e, ad ogni modo, solo Elliot aveva il coraggio di fare una cosa del genere
    “Tsk, Grifondoro… hanno l’istinto di autoconservazione praticamente inesistente” pensò, infastidito, senza però mettersi ad urlare per non attirare professori o altri prefetti o capi scuola.
    «Elliot, hai circa cinque secondi per mettermi giù o ti schianto» lo minacciò, stringendo forte in pugno la bacchetta. Non era mai arrivato davvero a schiantarlo, al massimo gli lanciava qualche fattura leggera… ma quel che è troppo è troppo!
     
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  8. Serenaide
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    Ovviamente conosceva troppo bene Leo per non aspettarsi una seconda fattura, ragion per cui gli torse il polso fino a riuscire a strappargli la bacchetta di mano e la mise accanto alla sua, sbuffando.
    Alla fine non c'era niente da stupirsi se il moro era un Serpeverde: i bastardi provocatori andavano tutti lì. Effettivamente, era molto più strano che loro due andassero d'accordo, visti i caratteri completamente opposti che si trovavano. Effettivamente la loro amicizia non era tutta rose e fiori, ma comunque avevano decisamente un rapporto buono se confrontato con quello che avevano gli altri allievi appartenenti le rispettive casate. Il loro era una sorta di tacito accordo che consisteva nel pestarsi ed augurarsi le peggiori torture a vicenda a parte piccoli momenti di puro godersi la reciproca compagnia. Peccato che i pestaggi fossero molto più frequenti delle tregue, e quella scena ne era un perfetto esempio.
    Continuò a camminare imperterrito verso l'ingresso, sperando di non incappare in altre "ribellioni".
     
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    Quando si sentì storcere il polso con forza, a punto da sentire un bel po’ di male, meditò seriamente sull’uso delle Maledizioni senza Perdono, immaginando quanto immensamente avrebbe goduto nel sentirlo urlare di dolore e supplicare pietà, pensando che ne sarebbe valsa la pena anche se significava una vacanza senza ritorno ad Azkaban… poi si ricordò che il polso quel bastardo gliel’aveva quasi spezzato appunto per togliergli la bacchetta, così addio a quell’idilliaca prospettiva.
    «Dannato bastardo, ridammi subito la bacchetta!» sibilò, da brava Serpe.
    Cristo, farsi togliere la bacchetta da un Grifondoro… se l’avessero saputo i suoi compagni di Casa, avrebbe dovuto riconquistarsi il rispetto a suon di schiantesimi e non gli andava più di tanto: gli schiantesimi erano rumorosi ed erano una perdita di tempo.
    Cominciò a scalciare e tirargli pugni quanto più forte riusciva -che non era poco, effettivamente… ed Elliot lo sapeva bene-.
     
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    Sbuffò nel sentire il moro tentare di divincolarsi: era davvero qualcosa di incredibile. Ovviamente non gli avrebbe ridato la bacchetta nemmeno se l'avesse implorato - cosa che non sarebbe mai accaduta, conoscendo Leo -, non ci teneva molto a farsi lanciare addosso un numero indeterminato di fatture. Avere il migliore amico tra Serpeverde aveva fin troppi lati negativi, già. Quando l'altro iniziò a tirargli calci gli si mozzò per un attimo il fiato: aveva una forza spaventosa, per un ragazzo dall'aspetto così femminile ecco, e ne era perfettamente a conoscenza, viste le innumerevoli volte che gli aveva procurato fratture a mani nude - o anche con libri di testo, sedie e ogni altro oggetto che gli capitava per le mani. Imprecò senza preoccuparsi di trattenersi, approfittando della momentanea mancanza di voce che gli permetteva di dar sfogo a tutta la sua rabbia senza emettere suono. Scosse vigorosamente la testa per fargli capire che non l'avrebbe accontentato per niente al mondo e gli strinse forte un braccio attorno alle ginocchia, per bloccare almeno i calci.
     
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    Continuò ad agitarsi ossessivamente anche con le ginocchia bloccate: se proprio Elliot aveva deciso di rovinargli la giornata, era più che determinato a lasciargli parecchi lividi.
    «Mettimi subito giù, Grifondoro del cazzo» sibilò, con la pazienza che arrivava allegramente al punto di rottura. Iniziò a colpirlo ancora più forte.
    Stava per passare a colpirgli la testa –chissà, con un po’ di fortuna sarebbe anche riuscito a farlo svenire- quando sentì qualcosa che gli fece accapponare la pelle.
    Un urlo agghiacciante, che però arrivò alle loro orecchie in modo flebile, chiunque l’avesse emesso doveva essere lontano, probabilmente nella foresta proibita a giudicare dalla direzione un cui era arrivata la voce.
    Subito dopo la voce, sentì un ringhio che, se possibile, lo fece rabbrividire ancora di più dell’urlo di prima.
    Si fermò. «L’hai sentito anche tu?» domandò, con tono mortalmente serio.
     
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  12. Serenaide
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    Leo si ostinava a tentare di liberarlo, probabilmente ignorando il fatto che non l'avrebbe lasciato nemmeno se gli si fossero staccate le gambe o qualsiasi altra cosa.
    Gli si mozzò appena il fiato nel sentirlo colpire più forte, provando il fortissimo impulso di staccargli gli arti a morsi. Oh, quanto lo detestava.
    Stava sospirando quando un urlo agghiacciante, provenuto dalla foresta, gli attraversò la spina dorsale bloccandogli qualsivoglia pensiero, se non un terrore ceco e disarmante. Per un attimo fu solo il panico. Che diavolo era stato? E che cosa avrebbero dovuto fare? O forse l'aveva sentito solo lui ed era diventato pazzo?
    Fortunatamente, o forse sfortunatamente, la domanda del moro gli tolse qualsivoglia dubbio. Annuì, posandolo delicatamente a terra e restituendogli la bacchetta, per poi guardarlo dubbioso.
     
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    Quando Elliot gli restituì la bacchetta, un po’ del cieco terrore che aveva provato svanì… dopotutto una bacchetta era un’arma e quando si è armati ci si sente sempre un po’ più al sicuro.
    Puntò l bacchetta contro Elliot, per un istante tentato come minimo di schiantarlo, m quella non era la situazione giusta, affatto.
    «Finitus» mormorò, per interrompere la fattura di prima… per quanto fastidiosa, forse perfino la voce di Elliot l’avrebbe fatto sentire un po’ più al sicuro.
    «Cosa facciamo?» domandò, anche se la risposta era ovvia… di disse che forse era proprio quello il motivo per cui il preside l’aveva scelto come prefetto di Serpeverde: era irresponsabile, pigro e totalmente irrispettoso delle regole, ma quando si trattava di agire sottopressione veniva fuori il suo lato migliore, quello che in questa situazione non sarebbe scappato, facendo finta di nulla, come buona parte dei Serpeverde.
    «Ci metteremmo troppo tempo ad andare a chiamare un professore, dobbiamo andare a vedere cos’è successo…»
     
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    Una volta riottenuta la voce, fu decisamente difficile astenersi dal lanciare al moro una serie interminabile di imprecazioni, ma la situazione era complicata e aveva bisogno della massima calma e serietà, quindi si limitò ad un sospiro di sollievo. Alla fine avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per rimproverarlo fino a fargli cadere le orecchie una volta tornati nella scuola, no?
    «Qualsiasi cosa sia successo, non abbiamo assolutamente il tempo di tornare dentro. Andiamo a vedere, se abbiamo tempo ci divideremo e uno andrà ad avvisare, altrimenti faremo del nostro meglio e agiremo.» disse, non del tutto sicuro che gettarsi nella foresta da soli fosse una buona idea.
    Al secondo grido però, non riuscì a fare a meno di scattare a correre, contraddicendo praticamente tutte le proprie idee.
     
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    Vide passare negli occhi di Elliot la voglia di imprecargli contro e, dopotutto, seppe di non poterlo biasimare, dato che era la stessa identica cosa che provava lui nei confronti di quel dannatissimo Grifondoro dei suoi stivali.
    Per i sacrosantissimi mutandoni di Merlino se lo odiava!
    La situazione, però, andava ben oltre ogni loro singolo bisticcio.
    Ascoltò ciò che il ragazzo disse, pensando che, davvero, il Cappello Parlante non sbagliava mai! Era così incredibilmente Grifondoro che si stupì di non averlo detestato già da prima dello smistamento.
    Un secondo urlo arrivò alle sue orecchie e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, neanche sotto le peggiori torture, ebbe paura.
    Vide Elliot iniziare a correre e per un momento si mordicchio il labbro. “Oh, al diavolo!”.
    «Lumos» sussurrò piano, prima di correre dietro ad Elliot, sentendo quasi subito la milza sul punto di scoppiare. Non era mai stato una persona atletica, affatto, ciononostante riuscì a stargli dietro.
    Si sentì un ringhio e capì. Lupo mannaro.
     
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